Sudan. Il governo di transizione e i diversi gruppi ribelli hanno firmato un accordo di pace

di Alberto

Il governo di transizione del Sudan e i diversi gruppi ribelli hanno firmato un accordo di pace volto a risolvere anni di guerra che hanno causato milioni di sfollati in diverse regioni del Paese e centinaia di migliaia di morti. Alla cerimonia hanno partecipato i leader del Sudan, tra cui il primo ministro Abdalla Hamdok, e il presidente del consiglio militare di transizione, il generale Abdel Fattah al-Burhan.
I leader che hanno firmato l’accordo sono: il tenente generale Mohamed Hamdan Dagalo del governo sudanese e i leader del SRF (Sudan Revolutionary Front), che è una coalizione di cinque movimenti armati e quattro politici che operano nelle regioni del Darfur nell’ovest del Paese e nelle province del Sud del Kordofan e del Nilo Azzurro.
Non hanno firmato l’accordo Abdelwahid Mohamed al-Nour del SLM (Sudan Liberation Movement) e Abdelaziz al-Hilu del SPLM-N (Sudan People’s Liberation Movement-North). Il mese scorso, al-Hilu ha concluso una tregua separata con il governo. Durante la tregua la costituzione del Sudan non verrà modificata per separare religione e governo, ma se le sue richieste non saranno soddisfatte, al-Hilu chiederà l’autodeterminazione nelle aree che controlla nelle province del Nilo Azzurro e del Sud del Kordofan.
Il presidente del consiglio militare di transizione, il tenente generale Abdel Fattah al-Burhan e il suo vice, Hemeti, hanno bisogno della legittimità internazionale e per questo motivo hanno sottoscritto l’accordo insieme ai rappresentanti del Ciad, Egitto, Unione africana, Qatar, Unione europea e Nazioni Unite. Lo scorso 3 ottobre a Juba nel Sud Sudan, Abdel Fattah al-Burhan, e il presidente del Sud Sudan Salva Kiir parteciparono alla firma di un accordo di pace tra il governo di transizione del Sudan e i movimenti rivoluzionari sudanesi.
L’approccio politico di Abdel Fattah al-Burhan e del suo vice, Hemeti è stato sempre quello di elargire denaro e posti di lavoro ai singoli leader ribelli e di accoglierli uno per uno come membri del governo. Per trenta anni il Sudan è stato lacerato da diversi conflitti che hanno frammentato le forze ribelli in zone etnicamente divise. Il governo guidato da al-Bashir era dominato dagli arabi, mentre i ribelli provenienti da gruppi etnici non arabi stavano nelle sue regioni remote del Paese. Gli agricoltori delle minoranze etniche stanziali si sono spesso confrontati con i pastori arabi sostenuti da Khartoum per accaparrarsi le scarse risorse delle vaste aree rurali del Sudan.
La firma dell’accordo rappresenta la fine degli scontri tra i fronti rivoluzionari e il regime di al-Bashir. I leader militari e civili sudanesi hanno accettato la principale richiesta dei manifestanti che avevano rovesciato la dittatura sudanese nell’agosto del 2019, convivendo in un periodo di transizione e aprendo la strada al cambiamento democratico del Paese.
L’accordo stabilisce i termini per integrare i ribelli nelle forze di sicurezza affrontando le cause profonde dei conflitti, che vanno dalle questioni legate alla terra, alla questione identitaria, passando poi per la giustizia sociale e l’emarginazione.
Dal punto di vista politico ed economico i punti principali dell’accordo riguardano il rapporto tra Stato e religione, l’uguaglianza a livello nazionale tra le diverse province che poi si accorperanno in regioni e la condivisione delle risorse e delle azioni intraprese dallo Stato.
L’accordo mira anche a risolvere le conseguenze del conflitto, riformando il Paese in otto regioni, compreso il ripristino di un’unica regione del Darfur, sostituendo le attuali diciotto province.
Tra gli altri punti previsti c’è anche quello che include il ritorno dei rifugiati sfollati a causa dei combattimenti. Inoltre l’accordo include una disposizione per la condivisione della ricchezza attraverso i risarcimenti per le persone ferite durante il lungo conflitto.
Per il Sudan le difficoltà economiche sono aumentate soprattutto dopo la secessione del Sud Sudan del 2011, che ha privato il Nord di tre quarti delle sue riserve di petrolio. La guerra civile si è conclusa con la firma di un accordo di pace che ha conferito ai cittadini del Sud Sudan il diritto all’autodeterminazione per poi votare nel 2011 a favore di uno Stato indipendente.
Da quando il Sudan ha ottenuto l’indipendenza nel 1956 diverse guerre civili sono scoppiate, inclusa quella del 1983-2005 che ha portato alla secessione del Sud, mentre la devastante guerra nel Darfur del 2003 ha provocato la morte di almeno 300mila persone e 2,5 milioni di sfollati nei suoi primi anni. La guerra era iniziata colpendo un milione di persone nelle province del Sud del Kordofan e del Nilo Azzurro nel 2001.