di Giuseppe Gagliano –
Le autorità Usa hanno imposto alla TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company Limited) lo stop alle forniture di chip avanzati alla Cina, cosa che rappresenta un’escalation significativa nella competizione tecnologica e geopolitica tra Washington e Pechino. Questa mossa, pur giustificata dal punto di vista americano come una misura di sicurezza nazionale e di contenimento delle capacità militari e tecnologiche cinesi, ha implicazioni profonde sia sul piano politico che economico.
Dal punto di vista politico la decisione riflette la volontà degli Stati Uniti di mantenere il controllo sulle tecnologie strategiche, in particolare quelle legate all’intelligenza artificiale e ai semiconduttori. Questi settori sono fondamentali per la leadership globale, sia in ambito economico che militare. L’ordine di blocco arriva in un momento delicato, caratterizzato da tensioni su Taiwan, il rafforzamento delle alleanze USA nell’Indo-Pacifico e il tentativo di contenere l’influenza cinese su scala globale.
Per la Cina questa mossa rappresenta un chiaro segnale di sfida. Pechino potrebbe percepire l’azione come un ulteriore tentativo di isolamento tecnologico, alimentando la narrativa interna di una Cina assediata e stimolando la sua determinazione a raggiungere l’autosufficienza tecnologica. È probabile che questo episodio rafforzi l’impegno del governo cinese a investire nelle capacità interne di produzione di semiconduttori, accelerando la “decoupling” tecnologico tra le due superpotenze.
La disposizione degli Stati Uniti colpisce duramente il settore tecnologico cinese, in particolare aziende come Huawei, che dipendono dai semiconduttori avanzati per sviluppare tecnologie di punta. I chip da 7 nanometri o più avanzati sono essenziali per le applicazioni AI, che spaziano dall’automazione industriale alla difesa, fino alle tecnologie di sorveglianza. Il loro blocco potrebbe rallentare lo sviluppo tecnologico della Cina, aumentare i costi di produzione e ostacolare l’accesso a mercati globali altamente competitivi.
Tuttavia, questo potrebbe anche avere un effetto collaterale: stimolare ulteriormente l’industria cinese dei semiconduttori a colmare il divario tecnologico con i competitor internazionali. Il governo cinese ha già messo in atto piani ambiziosi per potenziare la produzione nazionale di chip, con ingenti investimenti nel settore. A medio-lungo termine, questa pressione potrebbe accelerare la capacità della Cina di sviluppare una filiera semiconduttori indipendente, riducendo la sua vulnerabilità a restrizioni esterne.
La mossa statunitense è una dimostrazione del crescente uso della tecnologia come leva strategica nella competizione geopolitica. A breve termine, il blocco potrebbe danneggiare la Cina, limitandone l’accesso a tecnologie critiche. Tuttavia, potrebbe anche catalizzare uno sforzo più aggressivo da parte di Pechino per raggiungere l’autosufficienza tecnologica, aumentando le tensioni a livello globale. Sul lungo periodo, la “guerra dei chip” tra Stati Uniti e Cina potrebbe ridefinire l’equilibrio economico e tecnologico mondiale, con implicazioni per l’intero ecosistema tecnologico e per l’economia globale.