Taiwan. La Cina intensifica la presenza navale: tensioni crescenti nello Stretto

di Giuseppe Gagliano

Il ministero della Difesa di Taiwan ha denunciato un significativo aumento delle attività navali cinesi nelle acque circostanti l’isola, segnalando un possibile aggravarsi delle tensioni nella regione. Nel corso delle ultime 24 ore, il numero di navi da guerra cinesi operative è quasi raddoppiato, passando da otto a quattordici, alimentando i timori di un’escalation militare.
Questa mossa si colloca in un quadro già teso: pochi giorni prima, il 6 dicembre, l’agenzia Reuters aveva indicato la possibilità di nuove esercitazioni belliche cinesi nei pressi di Taiwan, dopo due importanti round di manovre militari condotti da Pechino nel corso dell’anno.
La Cina considera Taiwan una provincia ribelle da riunificare, anche con la forza se necessario, e ha più volte espresso la propria opposizione alle iniziative del governo dell’isola. L’ultima visita ufficiale del presidente taiwanese Lai Ching-te negli Stati Uniti, con tappe alle Hawaii e a Guam, ha ulteriormente irritato Pechino, che vede queste interazioni come un tentativo di rafforzare il sostegno internazionale per l’indipendenza di Taipei.
La risposta cinese non si è fatta attendere. Il ministero della Sicurezza dello Stato ha accusato Lai di utilizzare “le armi” per ottenere l’indipendenza e ha ribadito che tali sforzi sono destinati a fallire. In una dichiarazione diffusa su WeChat, la Cina ha criticato Taiwan per la sua “falsa ostentazione di potere” e ha accusato gli Stati Uniti di sostenere Taipei in una dinamica definita come “collaborazione con gangster e sciacalli”.
Oltre alle navi da guerra, il ministero della Difesa di Taiwan ha segnalato la presenza di quattro palloni aerostatici cinesi sopra lo Stretto di Taiwan, uno dei quali avrebbe violato lo spazio aereo dell’isola. Le condizioni meteorologiche avverse nello Stretto durante il fine settimana potrebbero aver influito sui movimenti delle forze cinesi, ma la crescente attività militare suggerisce che Pechino stia valutando esercitazioni su larga scala.
Sul fronte economico il 5 dicembre Pechino ha annunciato sanzioni contro tredici aziende militari statunitensi, in risposta alla recente vendita di armi da parte degli Stati Uniti a Taiwan. Tra le società colpite figurano importanti fornitori di tecnologie avanzate, come Teledyne Brown Engineering Inc e BRINC Drones Inc, oltre a Raytheon e BAE Systems.
Le sanzioni prevedono il congelamento dei beni delle aziende e dei loro dirigenti in Cina, il divieto di ingresso nel Paese e l’ordine per le organizzazioni cinesi di interrompere qualsiasi relazione con loro. Pechino considera queste misure una risposta necessaria per salvaguardare la propria sovranità e integrità territoriale.
Pechino ha ribadito con forza che nessun Paese, organizzazione o individuo dovrebbe sottovalutare la determinazione della Cina a difendere la propria sovranità. Il Ministero degli Esteri cinese ha esortato gli Stati Uniti a riconoscere il rischio rappresentato dagli atti separatisti di Taiwan e a cessare di inviare segnali incoraggianti alle forze indipendentiste.
Nel frattempo, il governo taiwanese ha respinto le rivendicazioni cinesi, riaffermando la propria autonomia e diritto a relazioni internazionali indipendenti.
La crescente presenza militare cinese attorno a Taiwan e l’intensificarsi delle sanzioni economiche delineano un quadro di tensioni che rischia di destabilizzare ulteriormente la regione. La questione di Taiwan rimane uno dei principali nodi geopolitici a livello globale, con implicazioni significative per le relazioni tra Stati Uniti, Cina e altri attori internazionali.
In questo contesto, la diplomazia giocherà un ruolo cruciale per evitare che la competizione strategica tra Pechino e Washington degeneri in un conflitto aperto, con Taiwan come epicentro delle tensioni globali.