Taiwan. Prime mosse sotto Trump

di Daniela Binello

Non appena è stata diffusa la notizia della morte del pontefice, il governo di Taiwan ha rapidamente reagito con parole di cordoglio, annunciando che per l’addio a Bergoglio parteciperà a Roma una delegazione di alti funzionari in qualità di inviati speciali. Il presidente taiwanese Lai Ching-te ha trasmesso le sue “più sincere condoglianze a nome del popolo di Taiwan”, mentre il ministro degli Esteri Lin Chia-lung ha incontrato il rappresentante vaticano a Taipei per porgergli il cordoglio ufficiale a nome del governo. 
La Santa Sede, in rappresentanza della Città del Vaticano, è l’unico stato in Europa a riconoscere la Repubblica di Cina (Taiwan) come governo legittimo. Il Vaticano infatti è rappresentato da un incaricato speciale, l’arcivescovo Charles Brown, attuale nunzio apostolico di stanza nelle Filippine.
Bisogna ricordare che la diplomazia del Vaticano, guidata fino al giorno della morte di Papa Francesco dal Segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, ora decaduto dal suo incarico in virtù dell’attuale status di sede vacante, non è mai sembrata disposta ad abbracciare la One China Policy perseguita da Pechino.
In questi giorni, intanto, una delegazione bipartisan di senatori statunitensi si è recata in visita a Taipei con l’obiettivo di rassicurare il governo taiwanese del fatto che il sostegno americano alla sicurezza dell’isola rimane saldo, nonostante le critiche espresse in passato dal presidente Donald Trump ed anche per quelle più recenti, riferite in particolare alla fiorente produzione di microchip made in Taiwan che, secondo Trump, minerebbe l’industria americana. Nonostante l’innalzamento al 32 per cento dei dazi, i leader taiwanesi hanno promesso quindi di aumentare le spese per la difesa, rafforzando così i rapporti economici con Washington.
La delegazione, composta da due senatori repubblicani, Pete Ricketts (antiabortista e sostenitore della pena di morte) e Ted Budd (titolare di negozi di armi), e dal senatore democratico Chris Coons, ha rappresentato la prima visita ufficiale a Taiwan nell’attuale nuovo corso di Trump. Il 18 aprile la delegazione statunitense è stata ricevuta dal presidente Lai Ching-te, dal ministro della Difesa Wellington Koo e dal consigliere per la sicurezza nazionale Joseph Wu.
“Guardate oltre la retorica e guardate l’azione”, ha detto il repubblicano Ricketts ai giornalisti dell’Associated Press che l’hanno intervistato a Taipei, ripetendo più o meno lo stesso concetto con cui i repubblicani rispondono alle domande sulle critiche di Trump nei confronti di Taiwan.
Il senatore dem Coons ha definito invece le discussioni con i politici taiwanesi come lungimiranti, proclamandosi fiducioso per un “prossimo capitolo forte nelle relazioni tra Stati Uniti e Taiwan”. Coons ha poi aggiunto che Taipei si sta muovendo rapidamente per rispondere alle sollecitazioni sollevate dall’amministrazione Trump, compresi gli sforzi per finalizzare gli accordi commerciali e gli investimenti, che si aggiungono ai quasi cento miliardi di dollari che il gigante dei semiconduttori, la Tsmc, principale compagnia high-tech dell’isola, ha investito quest’anno per andare a produrre microchip negli Stati Uniti.
“Naturalmente esiste la possibilità che Xi Jinping decida che questo è il momento giusto per il Partito Comunista Cinese d’intraprendere un’azione aggressiva”, ha commentato il senatore Coons. “Penso che sia esattamente la cosa sbagliata da fare. Penso che troverebbero una risposta forte e unita”, ha concluso.
Taiwan si è impegnata ad aumentare la spesa per la difesa al 3 per cento del Pil, rispetto all’attuale 2,5 per cento, e sta investendo in una strategia militare sempre più autosufficiente. Taipei si sta concentrando sul potenziamento della produzione interna di armamenti, tra cui sottomarini, armi leggere e sistemi di difesa aerea, espandendo al contempo la cooperazione con gli Stati Uniti sulle tecnologie d’avanguardia come i droni per uso militare, nella consapevolezza che le crescenti tensioni commerciali e l’atteggiamento minaccioso di Pechino hanno risvegliato il pericolo di una potenziale escalation. La Cina ribadisce spesso le sue rivendicazioni su Taiwan, considerata una provincia separatista da riunificare prima o poi.