Territori occupati: continua la repressione israeliana. Intervista in esclusiva da Gaza

di Enrico Oliari e Saber Yakoubi –

I giornali occidentali non ne hanno dato notizia: pochi giorni fa, in Cisgiordania, un centinaio di tombe musulmane sono state profanate e distrutte dai burocrati dell’amministrazione israeliana per motivi di una presunta pubblica utilità. Sembrerebbe l’ennesima sopraffazione, se non fosse che quelle tombe erano vecchie di 1300 anni e ricoprivano le spoglie mortali di islamici della prima ora, quindi dall’alto valore simbolico.
Sarebbe come se a Roma le ruspe scavassero la tomba di San Pietro per far passare un’autostrada – ha spiegato ad NotizieGeopolitiche Kalil Abu Mosad, un giovane impegnato nella resistenza di Gaza, raggiunto al telefono proprio nel momento in cui gli altoparlanti chiamavano alla preghiera pomeridiana. Il fatto è che vogliono cancellare la nostra cultura – spiega – e questo si somma alle mille sofferenze a cui siamo costretti. La corrente elettrica arriva 12 ore al giorno, l’approvvigionamento idrico è un disastro, negli ospedali manca di tutto, nelle case si sopravvive con quello che si trova, la disoccupazione è alle stelle ed i bambini saltano sulle mine.
NotizieGeopolitiche si era occupata già in passato della difficilissima situazione dei palestinesi dei Territori occupati con l’intervista ad Adel Abu Rawwa, impegnato con l’associazione ABSPP nella raccolta di beni di prima necessità ed ospedalieri ed oggi co-organizzatore per la Freedom Flottilla di due navi in partenza da Genova.
Parlare, tuttavia, con un giovane impegnato nella resistenza palestinese fa un certo effetto: Terrorismo? Non diciamo sciocchezze! – racconta – la verità è che c’è una guerra in atto, le cose vanno chiamate con il loro nome. Noi comunque non uccidiamo innocenti. Non nego che compiamo azioni forti, ma ricordo che gli israeliani sono arrivati a far crollare interi palazzi con la gente dentro, donne e bambini compresi.
Ma non crede che dopo tanti anni di lotta sia arrivato il momento di trovare un compromesso e di parlare di pace?
Guardi, io ho 23 anni e qui a Gaza si fa presto a diventare uomini. Ho sempre sentito parlare di pace e di processi di pace, ma non ne ho mai visto l’ombra. E’ dal ’48 che i nostri vecchi sentono pronunciare questa parola, ma intanto noi patiamo la fame e gli israeliani lanciano i razzi dagli elicotteri. Noi di Hamas ci siamo presentati al popolo e siamo stati eletti con un voto schiacciante, proprio perché diciamo le cose come stanno. Non ci nascondiamo dietro alle favole, ma combattiamo Israele, che è il cancro di tutto il mondo arabo. In Cisgiordania Al Fatah ha provato a far la pace con Israele ed è successo che la gente si è messa a guardare con simpatia a noi di Gaza.
Tuttavia l’Occidente vi vede intrecciati con l’Iran di Ahmadinejad…
Vede, noi abbiamo bisogno di appoggio e lo prendiamo da chiunque ce li dà. Ahmadinejad forse cavalca la questione palestinese per motivi propagandistici, non lo so. Di certo si augura, come noi, che prima o poi l’Israele delle ingiustizie possa cadere.
Ha fiducia nella ‘Primavera araba’?
La guardo con ottimismo, è un segnale di risveglio, di una vittoria in arrivo per tutto il mondo arabo. Poi, se sono rose, fioriranno.