Trump e l’ambiente: una presidenza sostenibile, un leader insostenibile?

Fondazione e-novation –

Si è svolto presso lo “Studio Bongiorni” a Milano l’evento “Cenacoli Sostenibili”, dove si è affrontato il delicato tema della parola “sostenibilità” al tempo di Trump. “La Presidenza Trump sarà per la sostenibilità. Basta comporre un’analisi fredda, edulcorata da annunci folcloristici che siamo in grado di proporvi, assieme a esperti di green e sostenibilità, per rifletterci insieme”, parola di Massimo Lucidi, giornalista, socio del prestigioso National Press Club di Washington DC.
Ferruccio Bongiorni, padrone di casa dello studio che ospita il lancio del format Cenacoli Sostenibili, rilancia: “l’economia USA è nel segno dello sviluppo economico, della crescita e dell’innovazione tecnologica. Come italiani ed europei dobbiamo chiederci come viene interpretata l’inclusione sociale, che nel modello americano è da sempre una variabile”.
Inizia con questi spunti di riflessione la presentazione del format “Cenacoli Sostenibili” che parte dal cuore di Milano nella cornice di Studio Bongiorni con un titolo che vuole far discutere e, prima ancora, riflettere. “Una parte del mondo economico-imprenditoriale pensa che la ricerca della sostenibilità, quale equilibrio tra istanze ambientali sociali ed economiche, debba essere affrontata come una “transizione”, cioè in modo graduale con un’attenzione all’aspetto economico. È stato detto in Europa con Draghi e la Von Der Leyen… ma si tratta di un percorso ancora lungo. Son prevalse istanze ideologiche, fideistiche che hanno finito per buttare via il bambino con l’acqua sporca…”, spiega Massimo Lucidi.
“Diciamolo chiaramente: se la sostenibilità non fosse economicamente sostenibile, forse andrebbe rivista, magari con tempi di attuazione più distesi. È questa la prospettiva proposta da Donald Trump, con il suo stile diretto, che si pone come portavoce di un progresso incentrato sull’ innovazione, sul primato tecnologico… In questo scenario, non sorprende vedere al suo fianco figure come Elon Musk, mentre le aziende Big Tech restano osservatori privilegiati del dibattito, proprio come a Capitol Hill all’Inauguration day” conclude Lucidi.
Fiducia nel Futuro tecnologico significa superare preconcetti ideologici. Del resto, gli americani hanno sempre avuto un forte legame con la natura, l’ambiente e la vita all’aria aperta… ma l’epoca di Woodstock è ormai lontana.
Oggi le sfide ambientali sono trasversali: il cambiamento climatico non riguarda solo nell’area del Golfo, la qualità dell’acqua pubblica non è un problema solo a Detroit e le difficoltà della vita urbana non si limitano solo ai grandi centri.
Adesso sopravanzano riflessioni su dinamiche geopolitiche affrontate da Amedeo Maddaluno esperto di Economia Politica, ma è impossibile farlo senza prima però di aver vincolato il tema ambientale nella prospettiva di un leader che, prima di ogni altra cosa, si è posto come difensore del lavoro negli Stati Uniti. Il suo mandato è stato il frutto di un voto popolare espresso per un cambiamento concreto e, quando gli americani scelgono un programma, si aspettano risultati.
Siamo stati noi in Europa, con le nostre scelte politiche, o è stato Trump a mettere in crisi un intero comparto industriale come la automotive aprendo alla concorrenza della Cina, all’elettrico; senza che l’Europa avesse un propedeutico piano integrato su tecnologie/supply chain?
Trump intende elevare barriere a protezione dei settori strategici per rafforzare l’economia. È davvero sbagliato?
Pensare a dazi e imposte sulle importazioni come strumenti di una politica economica strutturata significa riconoscere che il modello classico di Adam Smith non è più sufficiente. In un mondo in cui la competizione globale è dominata da grandi blocchi economici, Trump continua ad alzare la soglia della trattativa, mettendo al centro gli interessi nazionali. E, a giudicare dagli effetti, la sua strategia sembra produrre risultati.
Forse, invece di interrogarci sulle scelte americane, dovremmo chiederci se il vero problema non sia la sostenibilità dell’Europa stessa, divisa su tutto e incapace di agire con una visione unitaria.