Tunisia. Crisi politica: paesi arabi prudenti

di Bessem Ben Dhaou

SFAX. Le reazioni dei paesi arabi alla difficile situazione politica della Tunisia, dove il presidente della Repubblica ha invocato l’articolo 80 della Costituzione licenziando il governo e sospendendo il parlamento, è diversificata, perlopiù dettata dalla prudenza.
In quattro paesi hanno annunciato posizioni “neutre”, limitandosi attraverso le varie cancellerie ad augurare sicurezza e stabilità alla Tunisia, auspicando nel contempo il dialogo e chiedendo di evitare l’escalation; altri 17 paesi non hanno espresso una posizione.
Con una dichiarazione del ministero degli Esteri il Qatar ha fatto sapere di seguire gli sviluppi della crisi politica nella “sorella” Tunisia, invitando tutte le parti a “difendere gli interessi della gente, a dare precedenza alla voce della saggezza ed evitate l’escalation”. Doha ha espresso l’auspicio che “le parti tunisine seguano la strada del dialogo per superare la crisi e consolidare le basi dello stato e delle istituzioni, e stabilire lo stato di diritto”.
Il ministro degli Esteri Ayman Safadi ha twittato che il Regno sta seguendo gli sviluppi in Tunisia, ed ha espresso la speranza che “i fratelli tunisini sapranno superare questa difficile situazione, in modo da preservare la sicurezza e la stabilità della Tunisia, realizzare le aspirazioni del suo caro popolo e proteggere i suoi interessi, i guadagni, il percorso fino qui fatto e i risultati”.
Il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan ha garantito “il suo impegno per la sicurezza, la stabilità e la prosperità della sorella Repubblica tunisina, e il sostegno a tutto ciò che potrebbe servire per raggiungere questo obiettivo”. bin Farhan si è sentito al telefono con il collega tunisino Othman al-Jarandi per essere aggiornato sugli sviluppi della crisi.
Il Consiglio dei ministri del Bahrain ha confermato, durante la sua regolare sessione settimanale, di seguire con interesse l’evolversi della situazione in Tunisia, ed ha espresso attraverso una nota “il desiderio che la sorella tunisina raggiunga la bontà, il progresso e ulteriore stabilità e sviluppo”.
Nessuna posizione è stata pronunciata da altri 17 paesi arabi sulle decisioni del presidente tunisino Kais Saied, la cui presa di posizione è arrivata a seguito delle proteste in diversi governatorati tunisini per chiedere il rovesciamento del sistema di governo, accusando l’opposizione di aver fallito alla luce della crisi politica, economica e sanitaria.
La maggior parte dei blocchi parlamentari in Tunisia si è opposta all’iniziativa del presidente: il movimento Ennahda (53 deputati su 217) la considerava un “golpe”; il blocco “Cuore della Tunisia” (29 deputati) una “grave violazione della Costituzione”; il blocco “Corrente Democratica” (22 deputati) ) ne ha respinto le conseguenze; si è trattato di un golpe per la “Dignity Coalition” (18 seggi), il “movimento popolare” (15 deputati) e il Partito Costituzionale Libero (16).
In una dichiarazione il parlamento, guidato dal leader di “Ennahda Rached Ghannouchi, ha condannato fermamente l’iniziativa di Saied, ma il presidente tunisino ha sottolineato in un discorso televisivo dopo un incontro con i leader sindacali, che le sue decisioni sono “costituzionali, e in applicazione di quanto affermato nell’articolo 80 della Costituzione” (…) “e chi afferma che si tratti di un colpo di stato, riveda le sue lezioni di diritto”.