Tunisia. Giampaolo, ‘Tajani non denigri fratelli musulmani, sono simili a FDI e FI’

Il ricercatore Mattia Giampaolo, 'Non sono estremisti, serve dialogo'.

Agenzia Dire

I Fratelli musulmani in Tunisia, cioè il partito noto come Ennahda, sono un movimento moderato e conservatore, con una lunga storia di impegno sociale e inclusione politica dei cittadini e un ruolo di primo piano sia nella rivoluzione del movimento democratico del 2011 sia in tempi più recenti: il governo italiano dovrebbe dialogare con loro piuttosto che ‘bocciarli’. Non li confonda coi gruppi radicali e violenti con cui non hanno mai avuto a che fare, anche perché, a livello di arco politico, paradossalmente sono molto vicini a Fratelli d’Italia o Forza Italia“. Mattia Giampaolo è ricercatore in Relazioni internazionali all’Università La Sapienza di Roma e con l’agenzia Dire commenta le recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che in una recente intervista ha fatto appello a “non commettere l’errore di lasciare la Tunisia ai Fratelli musulmani“.
Tajani, col governo Meloni, sta facendo della Tunisia uno dei principali punti dell’agenda promuovendo un maxi prestito a Tunisi da parte del Fondo monetario internazionale (Fmi). Una strategia “di lungo periodo” indicata dal capo della Farnesina come “un primo passo necessario” a fermare i numerosi sbarchi di migranti che da quel Paese tentano, a costo della vita, di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo. Ma “le partenze non sono iniziate oggi – avverte Giampaolo – perché da almeno dieci anni la Tunisia è preda di una crisi economica terribile: la stessa rivoluzione del 2011 fu motivata da disoccupazione e mancanza di prospettive per i giovani“. Una situazione che con l’impatto della pandemia di Covid-19 prima, e la guerra in Ucraina poi, non è migliorata: la malagestione della risposta sanitaria al virus, il crollo del turismo e poi lo stop alle importazioni di cereali dall’Ucraina hanno inasprito il carovita. La Banca centrale a febbraio ha previsto che quest’anno l’inflazione raggiungerà l’11%.
Ma se prima il presidente Kais Saied era contrario ai prestiti di Fmi o Banca mondiale, che definiva “un’ingerenza”, ora “li ha chiesti, perché ne ha bisogno per ridare solidità al blocco economico che lo sostiene” dice Giampaolo, che continua: “Ben venga la stabilità, sia chiaro, a patto che però non vada contro la democrazia e l’equità sociale“. Il monito è all’Italia: “è il primo partner commerciale della Tunisia, con tante aziende impegnate in varie settori. Gli investimenti però devono puntare sullo sviluppo, perché troppi tunisini non hanno lavoro e chi lo ha, non guadagna abbastanza per vivere“.
La tesi dunque è che “Se vogliamo fermare i migranti, si deve invertire rotta. Politiche e trattati commerciali degli ultimi anni non hanno favorito la popolazione e hanno avuto un approccio emergenziale. Serve una strategia di lungo periodo“. Che deve passare anche attraverso una reale consapevolezza degli equilibri politici: “Ennahda – riferisce il ricercatore – non c’entra nulla con Isis o al-Qaeda. Non cediamo all’islamofobia. Si tratta di un partito conservatore di destra che come Fdi o Fi, è restio a certe aperture come quella ai diritti Lgbt. Tuttavia sin dagli anni Ottanta promuove una visione politica moderata dell’Islam che, come in Egitto, ha raccolto consensi grazie a una struttura forte e organizzata che ha permesso di portare servizi nelle zone più remote non raggiunte dallo Stato. Per questo in entrambi i Paesi ha sempre ottenuto ottimi risultati elettorali. Ora, in Tunisia attraversa un calo del consenso, tuttavia resta l’unica alternativa d’opposizione concreta alle politiche di austerità e neoliberiste“.
Lo studioso ricorda che una parte dei tunisini accusa l’attuale presidente di autoritarismo, dopo che dal luglio 2021 ha sciolto governo e parlamento e riformato la Costituzione del 2014, frutto degli sforzi della società civile tunisina per affrancarsi da anni di corruzione e nepotismo promossi dal presidente Ben Ali: “Ennahda accusò subito Saied di golpe e fu in testa al movimento contro il colpo di Stato, mentre altri partiti di sinistra rimanevano in silenzio. Il governo italiano dovrebbe dialogare e includere di più Ennahda come gli altri partiti islamisti moderati, se vuole davvero stabilizzare il Nordafrica, anche perché il radicalismo degli estremisti islamici – conclude Giampaolo – non nasce da partiti come questo bensì da povertà e marginalità sociale“.