Tunisia. L’inviato di Trump tenta gli Accordi di Abramo, ma Saied gli fa vedere i bambini di Gaza

di Giuseppe Gagliano

Il consigliere speciale di Donald Trump per l’Africa, Massad Boulos, ha incontrato al Palazzo di Cartagine il presidente tunisino Kais Saied nel palazzo di Cartagine. Avrebbe potuto segnare una tappa pragmatica nei rapporti bilaterali, ma l’incontro si è trasformato in uno scontro simbolico tra due visioni opposte della politica internazionale: quella sovranista e filo-palestinese di Tunisi e quella strategico-commerciale di Washington.
Saied non ha fatto sconti: ha portato in sala immagini di bambini palestinesi ridotti alla fame, “scheletrici in agonia”, e ha accusato la comunità internazionale, implicitamente anche gli Stati Uniti, di complicità nel massacro. Un atto politico e mediatico destinato a rafforzare la sua posizione interna e a ribadire l’allineamento della Tunisia con la causa palestinese.
Boulos non era a Tunisi per Gaza, ma per affari. Inviato da Trump in una missione diplomatica nel Maghreb, puntava a rilanciare le relazioni economiche bilaterali, discutere di dazi e soprattutto testare la disponibilità della Tunisia ad avvicinarsi agli Accordi di Abramo, cioè alla normalizzazione con Israele.
Ma Tunisi non è Rabat né Abu Dhabi. La linea di Saied è stata chiara: nessuna apertura verso Israele senza una soluzione giusta per il popolo palestinese. In un contesto di crisi interna, il presidente tunisino non può permettersi compromessi che sarebbero visti come un tradimento.
Per gli Stati Uniti la Tunisia rappresenta una pedina geopolitica importante: ponte tra Mediterraneo e Africa, anello strategico in un’area in forte instabilità. Ma la leadership tunisina, pur fragile sul piano economico, mostra di non voler barattare la propria coerenza diplomatica per promesse americane.
Per Saied la Tunisia può quindi dialogare, ma non si piega. La questione palestinese resta una linea rossa invalicabile, tanto più in un momento in cui l’opinione pubblica araba è scossa dalle immagini della fame e delle bombe a Gaza.
L’amministrazione Trump scommette su una nuova architettura regionale fatta di realismo economico e convergenze strategiche contro Cina, Russia e Iran. Ma la visita di Boulos ha rivelato le difficoltà di questa visione: laddove il linguaggio dei mercati non basta, riaffiora il peso della memoria storica, della solidarietà araba e della sovranità politica.
In questo quadro la Tunisia appare oggi più come un alleato ingovernabile che come un partner docile. Un nodo che Washington dovrà sciogliere se vuole davvero costruire una rete di alleanze coerente nel Nord Africa.