TURCHIA. Manovra a tenaglia contro i curdi. Ma la pacificazione va avanti…

di Giuseppe Mancini –

Istanbul, Avrupa, 14 set 11 –

Tutti contro il Pkk. Mentre l’opinione pubblica internazionale è catturata dalla crisi turco-israeliana e attende con preoccupata impazienza le iniziative del primo ministro Erdoğan durante la sua visita in Egitto, in Tunisia e in Libia, la Turchia guarda con trepidazione soprattutto verso est: verso le regioni a maggioranza curda, verso le posizioni della guerriglia nell’Iraq settentrionale. Almeno da due mesi: da quando, il 14 luglio, uno scontro a fuoco tra l’esercito e i miliziani – un’operazione dai contorni però contestati: pianificata o fortuita? – ha fatto 13 morti tra i soldati, ha spazientito il premier turco, ha innescato una spirale di violenza con più di 60 vittime in divisa – le ultime 5 martedì – e con oltre 150 membri del Pkk uccisi dai bombardamenti – tra aviazione e artiglieria – al di là del confine. Il dibattito infuria: attacco di terra sì, attacco di terra no? Si cercano i segnali dei possibili preparativi, si cercano conferme anche solo abbozzate da parte dei leader politici: conferme alla linea interventista, che accomuna tutte le maggiori forze politiche, gli opinion makers più influenti, i cittadini turchi in percentuali schiaccianti.
Di sicuro ci sono tre cose: che il capo di stato maggiore Necdet Özel è andato di persona a ispezionare – la scorsa settimana – le truppe di stanza nella parte più orientale dell’Anatolia; che la Turchia ha avviato un’offensiva diplomatica – Iraq, Iran e Usa – per trovare concreto sostegno – tra armi e intelligence – nella lotta contro il Pkk; che esiste una pregressa autorizzazione parlamentare fino al 17 ottobre per un’azione transfrontaliera: potrebbe quindi partire ogni giorno, lo ha affermato proprio ieri il ministro degli interni Idris Naim Şahin. Nel fine settimana, il sottosegretario Feridun Sinirlioğlu agli esteri è volato a Baghdad e poi ad Arbil: per sensibilizzare il governo centrale e quello regionale del Curdistan iracheno sull’opportunità di un maggior coordinamento anti-terroristico; e lo stesso presidente curdo, Barzani, aveva in precedenza pubblicamente invitato il Pkk e la consorella iraniana Pjak a porre termine agli attacchi contro Turchia e Iran che partono dalle basi di Kandil, a ottenere i diritti che rivendicano attraverso una lotta esclusivamente politica: ma la richiesta turca va oltre, tagliare tutte le vie di comunicazione verso Kandil. Anche l’Iran sta conducendo la propria cruenta offensiva, in modo però del tutto autonomo dalla Turchia: che ha invece proposto un’ampia condivisione delle informazioni acquisite, soprattutto di quelle frutto delle più recenti operazioni iraniane (indiscrezione confermata dal vice premier Beşir Atalay). La manovra a tenaglia contro il Pkk è poi completata da un elemento puramente militare: i predator americani che verranno tra breve ritirati dall’Iraq e che Ankara ha chiesto di poter ospitare direttamente nella base di Incirlik, così da poter continuare le ricognizioni che hanno messo a disposizione dei servizi turchi informazioni preziosissime. Sembra che i guerriglieri curdi non debbano aver scampo.
Ma se a dominare saranno le armi, cosa ne sarà della cosiddetta “iniziativa democratica” per dare una soluzione politica e definitiva alla “questione curda”, per assicurare a tutti i turchi senza distinzione di etnia o di fede – soprattutto grazie alla nuova costituzione – maggiori diritti e libertà? Proseguirà, hanno affermato i massimi esponenti del governo e dell’Akp. Con chi dialogare, però? E che ne è del “Consiglio di pace” apparentemente concordato – a luglio – tra lo stato e lo storico leader curdo Abdullah Öcalan, all’ergastolo dal 1999? Il partito pro-curdo Bdp – della pace e della democrazia – ha tenuto il 4 settembre ad Ankara il suo secondo congresso: che ha approvato un documento con le richieste per la nuova costituzione democratica (riconoscimento della pari dignità per ogni gruppo etnico o religioso, cittadinanza civica, insegnamento bilingue e libero uso del curdo nella vita pubblica, decentralizzazione amministrativa, maggiori garanzie e diritti per i lavoratori e per le donne, massima libertà di espressione e di stampa, protezione dell’ambiente), ragionevoli e non massimaliste. Il Bdp è rimasto invece fermo nel suo proposito di boicottare il Parlamento se non verranno scarcerati – e autorizzati ad assumere la carica – i suo neo-eletti deputati in prigione perché accusati di propaganda a favore del Pkk: ma una soluzione pragmatica è indispensabile – alla ripresa dei lavori, il 1° ottobre – per coinvolgere anche il partito pro-curdo nel processo costituente che – tra venti di guerra e autoesclusioni – rischia un precoce naufragio.