Turchia. Origine, evoluzione e ruolo attuale del Consiglio turco

di Armando Donninelli * –

Il Consiglio turco è un’organizzazione regionale di paesi di lingua turca nata nel 2011. Il ruolo della Turchia, fin dalle sue origini, è stato preponderante e, probabilmente, lo sarà anche negli anni a venire. Grazie a comuni radici culturali il governo di Ankara è riuscito a espandere la sua area d’influenza in Asia centrale. Rilevante è stato anche il suo ruolo nella recente crisi sanitaria determinata dal Covid-19.

Il Consiglio turco, detto anche Consiglio di cooperazione dei paesi turcofoni è un’organizzazione di nazioni di lingua turca.
Il suo processo costitutivo è iniziato con una serie di vertici tra paesi lingua turca tenutisi dal 1992, anno in cui si svolse ad Ankara la prima riunione di paesi aventi in comune tale lingua. Ne seguirono altri, tra questi va menzionato quello di Tashkent nel 1996, qui fu riconosciuta la necessità di consultazioni multilaterali, anche di carattere tecnico, al fine di attuare in modo più efficace le decisioni prese. Si arriva poi al vertice del 2009 di Nakhcivan, in tale sede si firma il Trattato istitutivo del Consiglio turco Turchia, Azerbaigian, Kazakistan e Kirghizistan.
Nel 2010 il Trattato di Nakhcivan entra in vigore e, l’anno successivo, si tiene un primo vertice ad Almaty in Kazakistan. Tale prima riunione fu incentrata principalmente su questioni di carattere economico, ne seguirono poi delle altre ove gli argomenti prevalenti furono differenti, ad esempio l’istruzione, la ricerca scientifica, le dogane e altro. Ciò con la finalità di rafforzare la cooperazione tra paesi membri e, per quanto possibile, di migliorare la qualità della vita nella regione.
I pilastri attorno ai quali fu originariamente costituito il Consiglio turco erano la lingua, la cultura, l’identità e la storia comune. In alcuni settori specifici si cercò, fin dall’inizio, di ampliare la cooperazione bilaterale tra Stati già esistente, questo è il caso, ad esempio di economia, trasporti e dogane.
Tuttavia, analizzando gli atti che hanno dato vita al Consiglio turco, si può notare che, almeno nella fase iniziale, la finalità culturale fosse prevalente. Basti pensare che, sotto la responsabilità del Consiglio Turco sarebbe stata posta, fin dall’inizio, l’Organizzazione internazionale della cultura turca (TURKSOY), l’Accademia turca internazionale e la Fondazione per la cultura e il patrimonio turco.
Il grande promotore del progetto fu fin dall’inizio la Turchia, essendo difatti il paese nettamente più importante del gruppo, cercava di ottenere una posizione di leadership. Lo stesso Erdogan, divenuto primo ministro del paese anatolico nel 2003, lavorò con impegno al fine di rinsaldare i legami, indubbiamente esistenti, tra i paesi oggi membri del Consiglio turco.
La struttura istituzionale del Consiglio turco, sostanzialmente rimasta immutata fin dalla sua origine, prevede un ruolo assolutamente centrale da parte del Consiglio dei Capi di Stato. La presidenza di quest’ultimo dura un anno, è ruotata in ordine alfabetico, e si estende automaticamente al Consiglio turco medesimo.
Vi è poi un Consiglio dei ministri degli Esteri, si riunisce a margine delle riunioni del Consiglio dei Capi di Stato o in occasioni importanti, ad esempio l’Assemblea Generale ONU. La sua funzione è cercare, per quanto possibile, di avere una politica estera quanto più uniforme possibile nelle materie che sono d’interesse del Consiglio turco.
La funzione di coordinamento, ma anche quella di attuare le decisioni prese in sede di Consiglio dei Capi di Stato, spetta al Segretario Generale, quest’ultimo resta in carica 4 anni e ha sede a Istanbul.
Vi è poi l’Assemblea parlamentare dei paesi di lingua turca (TURKPA), qui sono inviati rappresentanti dei vari Parlamenti nazionali degli Stati membri Consiglio turco. Nei limiti di quest’organizzazione, tale assemblea cerca di favorire la cooperazione tra paesi membri anche a livello d’iniziative legislative.
Dal 2015 s’interruppero le riunioni del Consiglio dei Capi di Stato, ciò fondamentalmente a causa del profondo dissidio tra il Presidente Turco Erdogan e il suo omologo del Kirghizistan Bishekek. Quest’ultimo aveva polemizzato aspramente con il governo turco accusandolo di interferire nelle vicende interne del suo paese per porre ostacoli all’organizzazione Fethullah Gulen, nemica acerrima di Erdogan.
Dal novembre del 2017 il Kirghizistan ha un nuovo Presidente, Jeenbekov, quest’ultimo non vieta espressamente Fethullah Gulen ma la pone sotto stretto controllo governativo, in particolare per quanto riguarda le sue scuole. Ciò facilita il superamento del blocco che si era creato in precedenza nel Consiglio turco e consente di ricominciare a effettuare le riunioni del Consiglio dei Capi di Stato.
Il primo di tali vertici si tiene nel 2018 a Cholpon Ata, proprio in Kirghizistan, ove si dimostra il ruolo crescente da parte della Turchia nel Consiglio. Difatti in quel vertice fu presente per la prima volta, in qualità di osservatore, il Presidente dell’Uzbekistan, vale a dire un paese con buoni rapporti con la Turchia e che già dagli anni 90 aveva provveduto a vietare Fethullah Gulen. L’Uzbekistan entrerà a far parte di tale organizzazione, a pieno titolo, l’anno successivo, rendendo in tal modo la posizione di Ankara più forte.
Sempre in quell’occasione, Erdogan tenne un importante discorso che dimostrava, in modo chiaro, il cambio della sua politica in Asia Centrale a seguito del fallito colpo di Stato di Fethullah Gulen in Turchia del luglio 2016. In tale occasione il presidente del paese anatolico descriveva la citata organizzazione come profondamente de stabilizzatrice e, conseguentemente, di attendersi la massima solidarietà da parte degli esecutivi degli Stati membri. Questi ultimi in effetti appoggiarono le tesi esposte dal leader di Ankara.
Il governo turco, in sostanza, dava alla lotta contri Fethullah Gulen carattere assolutamente prioritario, ciò aveva delle inevitabili ripercussioni sul Consiglio turco e sulla sua futura politica, questo in considerazione del peso predominante, dovuto a diversi motivi, del paese anatolico.
A supporto di questa leadership, Ankara ha anche parallelamente sviluppato, dal 2012, un partenariato strategico con Azerbaijgan e Georgia, paese di lingua non turca, diretto fondamentalmente a supportare le iniziative del Consiglio turco in Asia Centrale nell’importante regione petrolifera del Caucaso.
A dispetto dell’impegno da parte del paese anatolico in tale organizzazione, fin dalle sue origini, i risultati economici sono piuttosto modesti. Basti pensare che nel 2018 le esportazioni di Ankara negli altri paesi membri ammontassero a soli 6 miliardi di $, cioè l’1,5% del suo export. Alcuni osservatori hanno comunque notato che con tale organizzazione, influenzata in maniera preponderante dal paese anatolico, sia stata posta la base per un suo consistente futuro rafforzamento delle posizioni economiche e diplomatiche nell’area.
In particolare, non appare irrealistico che, in un prossimo futuro, Ankara voglia utilizzare il Consiglio turco per ostacolare il crescente ruolo cinese nell’Asia centrale, vale a dire in un’area che la Turchia considera, per tutta una serie di motivi, strategicamente fondamentale.
Un ruolo molto importante, cresciuto nel corso degli anni, è quello di osservatore della regolarità delle competizioni elettorali nei paesi membri. Dal 2011 sono state organizzate, su richiesta dei paesi che dovevano svolgere le elezioni, 14 missioni di tale tipo. Hanno interessato, in qualità di Stati ospiti, tutti i membri del Consiglio turco, compreso il nuovo membro Uzbekistan.
Il Consiglio turco non poteva ovviamente non essere coinvolto nell’emergenza globale derivante dalla diffusione del virus COVID-19. Il 10 aprile del 2020 si è tenuto un vertice, in videoconferenza, tra i Capi di Stato dei paesi membri e, proprio a evidenziare il carattere tematico dell’incontro, il Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) Tedros Adhanom Ghebreyesus.
In tale sede si è decisa la totale cooperazione, ora come in avvenire, nella lotta al virus, in particolare nello scambio d’informazioni tra autorità sanitarie e nelle forniture, per quanto possibili di materiale sanitario.
Si è anche elaborata una strategia per assicurare continuità agli scambi commerciali, ciò favorendo il passaggio dei mezzi di trasporto alle frontiere e nell’assicurare la massima collaborazione tra le autorità competenti dei differenti paesi.
Al fine di controllare al meglio i trasporti, in particolare dal punto di vista sanitario, è stata disposta l’utilizzazione in via prioritaria del Corridoio di trasporti internazionale trans caspico, questo con assoluta prevalenza nel passaggio di beni alimentari e di prima necessità. Ciò in un quadro di assoluta collaborazione con ONU e OMS.
A prescindere da quelle che possono essere difficoltà, più o meno contingenti, che il Consiglio turco si trova davanti, va segnalata una certa vitalità da parte dell’organizzazione in questione. Basti pensare che, poco prima del diffondersi dell’emergenza legata al Covid 19, si stesse progettando l’ingresso del Turkmenistan, paese oggi solo osservatore ma che partecipa già alle attività di carattere culturale dell’organizzazione. Si sta cercando inoltre di creare un legame con la diaspora di lingua turca, diffusa in particolare in Germania e Russia.
Recentemente l’Ungheria, vale a dire un paese UE, è entrato a far parte del Consiglio turco come osservatore, ciò in base ad affinità culturali, il suo primo ministro partecipa ai vertici che si tengono dei Capi di stato.
L’ultimo vertice dei Capi di Stato del Consiglio turco si è tenuto il 31 marzo 2021 in videoconferenza. In tale sede, a dimostrazione del ruolo crescente svolto da tale organizzazione, sono state trattate anche importanti questioni relative alla normalizzazione dei rapporti tra Azerbaijan e Armenia.
Tra i paesi membri le differenze sono molteplici, vi è tuttavia l’elemento accomunante di cercare di evitare un’eccessiva influenza da parte di Russia e Cina. Proprio per questo motivo aderiscono all’ iniziativa del Consiglio turco, vale a dire di una comunità basata su fattori culturali e sotto la chiara egemonia di Ankara, che consenta loro di sfuggire all’abbraccio potenzialmente molto pericoloso delle due potenze citate.

* Armando Donninelli è laureato in Giurisprudenza all’Università di Firenze, recentemente ha conseguito un dottorato in diritto comunitario/internazionale presso l’Università Rovira y Virgili di Tarragona, in Spagna. Attualmente sta per pubblicare a un libro sul radicalismo islamico nella Penisola Balcanica.