di Alessio Cuel –
Un modus operandi ormai tristemente noto: da undici anni, la Russia porta avanti una brutale aggressione ai danni di un Paese sovrano. E la scelta di colpire proprio durante la Domenica delle Palme, giorno di raccoglimento e spiritualità, appare come una strategia per massimizzare l’impatto del terrore e il numero delle vittime civili.
L’attacco missilistico alla città di Sumy, situata 300 chilometri a est di Kiev e a poco più di 30 dal confine con la Russia, ha finora causato 31 morti, tra cui due bambini. I feriti sono 83, di cui sette bambini. Un bilancio drammatico, purtroppo destinato ad aggravarsi nelle prossime ore. Con i suoi 250.000 abitanti, Sumy si trova in una posizione estremamente vulnerabile e paga un prezzo altissimo per questa guerra.
“Solo un bastardo può arrivare a tanto. Serve una risposta internazionale”, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Parole dure, a cui si è aggiunta la ferma condanna della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha definito l’attacco “orribile e vile”. Anche Keith Kellogg, inviato speciale di Donald Trump per Russia e Ucraina, ha parlato di “superamento dei limiti della decenza”.
L’attacco a Sumy è l’ennesima, crudele testimonianza di una guerra che non conosce tregua né rispetto per la vita umana. Colpire in un giorno sacro, contro una popolazione inerme, è un gesto che va oltre il conflitto militare: è un attacco deliberato alla dignità di un popolo e ai valori fondamentali della convivenza civile.