Ucraina. Dall’incontro di Istanbul escono neutralità e adesione all’Ue

di Guido Keller

Finalmente qualcosa si muove. Al quinto round di colloqui tra le delegazioni ucraina e russa sembra (la prudenza è d’obbligo) che ci si stia avvicinando alla e-escalation, con l’accettazione da parte di Kiev della neutralità. In cambio vi sarebbe il via libera della Russia all’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea e quindi alla definitiva rinuncia all’Unione doganale euroasiatica, messa a suo tempo in piedi da Vladimir Putin e che oggi vede membri la Russia, la Bielorussia e il Kazakistan.
L’incontro si è svolto a Istanbul presso palazzo Dolmabahce, tra la diffidenza reciproca e le raccomandazioni ai delegati ucraini di non toccare superfici, bevande e alimenti dopo i casi denunciati di malessere e reazioni cutanee seguiti all’incontro precedente.
Il padrone di casa, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, ha indicato i colleghi russo, Vladimir Putin, e quello ucraino, Volodymyr Zelensky, come “amici”, ed ha fatto sapere il suo rammarico per un conflitto entrato ormai nella quinta settimana.
Presente all’incontro l’oligarca russo Roman Abramovich, il quale aveva riportato sintomi di avvelenamento da gas nervino dopo il precedente incontro, come pure i delegati ucraini, ma va detto che nella guerra di informazione ogni dato va ponderato con prudenza.
Altre informazioni dai colloqui non sono trapelate, ma c’è da dire che al momento i russi avrebbero ottenuto buona parte di ciò che chiedevano, cioè la non adesione dell’Ucraina alla Nato e la neutralità del paese, mentre rimangono aperti i capitoli di chi garantirà la sicurezza ucraina, delle autonomie di Lugansk e di Donatsk (già previste dall’accordo di Minsk-2 del 2015 ma mai attuate), della tutela delle minoranze russofone e della “denazificazione”, con riferimento ai battaglioni dichiaratamente neonazisti come l’Azov che da anni combattono nel Donbass macchiandosi di crimini gravi tra cui l’esecuzione di massa dei prigionieri, lo sterminio di famiglie e le torture fisiche e psicologiche, fatti riportati in un rapporto Osce del 2016.
Appare comunque chiaro che l’obiettivo dei russi è il Donbass, e la presa di Mariupol (dove è concentrato il battaglione Azov) potrebbe garantire la continuità territoriale con la Crimea, annessa nel 2015. Difatti in mattinata il ministro della Difesa russo Serghei Shoigu ha reso noto che “sono stati raggiunti i principali obiettivi dell’operazione speciale”, dal momento che “la potenza militare ucraina è stata drasticamente ridotta, la superiorità aerea è stata raggiunta e le difese antiaeree annientate, per cui ora potremo concentrarci sul Donbass”.
Colpire le diverse città ucraine sarebbe servito quindi ai russi per tenere impegnato l’avversario e quindi consolidare le proprie posizioni nel Donbass, ma difficilmente la comunità internazionale potrà accettare la rottura dell’integrità territoriale dell’Ucraina.