di Enrico Oliari –
Le forze russe hanno preso il controllo dell’intera città di Bakhmut, nella regione ucraina di Donetsk. Ne ha dato conferma anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale ha affermato dal G7 di Hiroshima che “Bakhmut rimane nei nostri cuori”.
La città, ormai ridotta a macerie, ha rappresentato per sette mesi l’epicentro degli scontri nel Donbass, e stando a quanto dichiarato dal portavoce del Gruppo orientale delle forze ucraine, Serhiy Cherevaty, a Suspline e ripreso dall’Ansa, nuclei di militari ucraini resisterebbero in fortificazioni nella parte sud-occidentale della città.
Per tutta la giornata di ieri su Bakhmut sono piovuti missili e colpi di artiglieria sparati da entrambe le parti, e nella notte i mercenari della compagnia privata russa Wagner hanno dato l’assalto conquistando le ultime posizioni, tra le quali l’area dove è situato il monumento al Mig, risalente all’era sovietica e dedicato alla vittoria sul nazismo.
Evgenij Prigozin, numero uno della Wagner, è stato il primo ad annunciare la presa della città, ed ha annunciato che il 25 maggio i suoi uomini lasceranno il controllo di Bakhmut, che prima della guerra contava 77 mila abitanti, alle forze regolari per essere destinati altrove.
I Wagner sarebbero già entrati nel villaggio di Kromove, ad ovest di Bakhmut.
Il presidente russo Vladimir Putin ha confermato la presa di Bakhmut e inviato le congratulazioni alla Wagner e alle forze armate russe.
Secondo il comandante delle forze di terra delle Forze armate ucraine, Oleksandr Syrskyi, Bakhmut sarebbe costata ai russi migliaia di vittime per un obiettivo più di immagine, ed ora i russi “sarebbero in trappola come topi”, cioè inchiodati lì.
Si tratta di una costatazione difficile da condividere, in quanto anche gli ucraini della 3a brigata hanno subito in sette mesi numerose vittime per non perdere il controllo della città, in passato giudicata dagli stessi ucraini come di alto valore strategico.
L’obiettivo di Putin è quello di conquistare le quattro regioni che per decreto ha annesso alla Russia, ovvero Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson.
Le regioni sono abitate a maggioranza da individui di etnia russa: gli accordi siglati anche dall’Ucraina nel 2015 (Minsk II), sotto l’egida Osce, prevedevano all’articolo 11 la creazione delle autonomie, cosa che non è avvenuta. Al contrario Kiev ha provveduto a chiudere i giornali in lingua russa, a eliminare il russo dalle scuole e a vietare l’uso del russo nei pubblici uffici.
Al di là della guerra di propaganda da una parte e dall’altra, Putin sembra determinato a non cedere, ma è certo che il costo dell’”operazione speciale” continua ad essere alto, anche per i russi: la de-escalation deve quindi passare per il Minsk II, che piaccia o meno a Kiev o a Mosca.