
di Giuseppe Gagliano –
Secondo fonti di intelligence di Mosca, l’attacco ucraino alle navi russe ormeggiate a Sebastopoli è stato pianificato con largo anticipo ed è stato il frutto di un efficiente coordinamento tra una strategia di attacco via mare ma anche via aria. Gli strumenti offensivi che hanno consentito questo attacco provengono non solo dagli Stati Uniti, ma anche dalla Cina e dalla Francia.
L’infrastruttura navale di Sebastopoli era stata sottoposta ad attenta sorveglianza elettronica già da diverse settimane, ma soltanto nelle prime ore del 20 ottobre si è presentata la possibilità di un attacco decisivo. L’analisi dell’immagine satellitare che ha permesso di individuare la fregata ammiraglia Makarov è stata possibile grazie alla infrastruttura Starlink. Infatti l’esercito ucraino dispone di un centro di comando e controllo che è strettamente collegato proprio a Starlink, e da questo centro di comando sono partiti sei droni marini. Contrariamente alle informazioni fornite dai media nazionali e internazionali, questi droni sono stati realizzati dalla Francia e per l’esattezza dal gruppo ECA. I droni marini sono stati affiancati da quattro droni da ricognizione di fabbricazione cinese il cui compito è stato quello di verificare con esattezza la posizione delle navi ormeggiate presso l’infrastruttura navale di Sebastopoli, navi che erano state già identificate dalla ricognizione satellitare.
Il centro di comando ucraino ha segnato a ogni drone Marino una nave specifica come bersaglio. Nello stesso tempo sono stati inviati anche quattro droni aerei, questa volta di fabbricazione statunitense, che sono stati indirizzati verso la base navale di Sebastopoli.
Nonostante la prevedibile reazione russa posta in essere da un elicottero d’attacco, l’azione offensiva dei droni è riuscita con successo: infatti vi sono state quattro navi colpite, una con due droni mentre le altre con un drone.