Ucraina. L’Egemonia degli Usa in Europa

di Giuseppe Gagliano

In un interessante editoriale David Teurtrie esprime su Le Monde Diplomatique in modo lucido e provocatorio una riflessione in controtendenza sulla questione ucraina. Più volte gli Stati Uniti hanno minacciato di disconnettere la Russia dal sistema bancario globale, ma la Russia a differenza di altre nazioni è stata previdente e ha saputo giocare di anticipo. Infatti “dal 2014, le autorità russe hanno aumentato significativamente la capacità della loro economia di superare un grave shock, in particolare per il settore bancario e finanziario. La quota del dollaro è diminuita nelle riserve della banca centrale. Una carta di pagamento nazionale, Mir, è ora nel portafoglio dell’87% della popolazione. E, se gli Stati Uniti avessero portato avanti la loro minaccia di disconnettere la Russia dal sistema Swift occidentale, come hanno fatto per l’Iran nel 2012 e nel 2018, i trasferimenti finanziari tra banche e società russe potrebbero ora essere effettuati tramite messaggistica locale”.
Sul versante geopolitico appare evidente che progetto Nato mira a trasformare l’Ucraina in una sorta di anti Russia nazionalista. Infatti da un lato l’attuale premier ucraino Volodymyr Zelensky ha amplificato la politica di rottura con il mondo russo avvicinandosi sempre di più agli Stati Uniti, dall’altro ha rafforzato la cooperazione militare in ambito Nato. Per non parlare del fatto che la Turchia ha consegnato droni da combattimento che fanno temere in modo legittimo alla Russia che Kiev possa tentare di riconquistare militarmente il Donbass.
Tuttavia l’editorialista francese si domanda se l’allargamento dell’alleanza atlantica fosse una cosa prevedibile, scontata. In realtà la scomparsa del Patto di Varsavia avrebbe dovuto determinare la dissoluzione dell’Alleanza Atlantica per essere sostituita con nuove alleanze come quella proposta dalla Francia. Ma così non è stato. Non solo l’Alleanza Atlantica non si è dissolta, ma si è allargata verso est al fine di consolidare il dominio americano in Europa servendosi della Germania per riconquistare la propria influenza.
Come ricorda David Teurtrie, l’analista George Kennan, considerato l’architetto della politica di contenimento dell’URSS, previde le conseguenze logiche e dannose di tale decisione: “L’allargamento della NATO sarebbe l’errore più fatale nella politica americana dalla fine della Guerra Fredda. Ci si può aspettare che questa decisione susciti le tendenze nazionaliste, anti-occidentali e militaristiche dell’opinione pubblica russa; che ravvivi un’atmosfera di Guerra Fredda nelle relazioni est-ovest e che diriga la politica estera russa in una direzione che non corrisponderà davvero ai nostri desideri “. Un monito questo completamente dimenticato e disatteso dagli Stati Uniti.
L’Intervento in Iraq da parte degli Stati Uniti e l’intenzione di installare infrastrutture militari nell’Europa orientale nonostante gli accordi siglati nel 97 hanno profondamente irritato non solo l’attuale premier russo, bensì hanno determinato un profondo senso di diffidenza e di sfiducia da parte della oligarchia politica e militare russa nei confronti degli Stati Uniti. Ma le provocazioni da parte di Stati Uniti, almeno secondo la lettura che ne dà le l’editorialista francese, non sono finite qui: il ritiro degli Stati Uniti dal trattato sui missili balistici nel 2001 e il timore da parte russa che le rivoluzioni colorate arrivassero a destabilizzare tutto lo spazio post-sovietico allo scopo di creare regimi filoccidentali hanno fatto il resto. E che dire quando nell’aprile del 2008 gli Stati Uniti hanno fatto di tutto per esercitare una forte pressione sui propri alleati allo scopo di fare rientrare la Georgia e guarda caso l’Ucraina nell’orbita atlantica? Cosa è successo poi nella realtà? La Russia è intervenuta militarmente in Georgia nel 2008 e ha riconosciuto l’indipendenza dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. Con questo intervento militare, che naturalmente ha violato il diritto internazionale, si è tuttavia fermato l’allargamento dell’Alleanza Atlantica. Ma nonostante il successo dell’intervento russo le ambizioni americane non si sono fermate, come dimostra il fatto che nel 2013 gli Stati Uniti, sostenuti degli europei, hanno legittimato le manifestazioni spontanee, se così vogliamo esprimerci, che hanno portato alla caduta del presidente Viktor Yanukovich, la cui elezione nel 2010 è stata riconosciuta come conforme agli standard democratici.
Come puntualmente sottolinea la ricercatrice Isabelle Facon, la Russia “percepisce con fastidio il fatto che i paesi europei sono irrimediabilmente incapaci di autonomia strategica dagli Stati Uniti e che rifiutano di assumersi le proprie responsabilità di fronte al deterioramento della situazione strategica e internazionale”.
Se insomma siamo arrivati a questo punto la responsabilità della crisi in corso sull’Ucraina certo non è solo della Russia ma è soprattutto degli Stati Uniti e dei loro ambizioni egemoniche. Come sottolinea l’editorialista francese a conclusione del suo lungo articolo, “la crisi delle relazioni russo-occidentali dimostra che la sicurezza del continente europeo non può essere garantita senza, e a maggior ragione contro la Russia. Washington al contrario sta lavorando per promuovere questa esclusione poiché rafforza l’egemonia americana in Europa. Da parte loro gli europei occidentali, in primo luogo la Francia, mancano di visione e coraggio politico per bloccare le iniziative più provocatorie di Washington e proporre un quadro istituzionale inclusivo per evitare la ricomparsa di linee divisorie”. Ancora una volta manca un’Europa sul piano politico e militare. Ancora una volta l’Europa dimostra di essere una entità fantasma, suddita degli obiettivi a breve e a lungo termine degli Stati Uniti.