Ucraina, Minsk-2 e Crimea: intervista all’ambasciatore di Kiev a Roma Yevhen Perelygin

di Enrico Oliari e Giuliano Bifolchi

Nel paese dove si prende parte su tutto, dove basta seguire un “tiggì” per erigersi ad esperti di geopolitica, capita che le crisi internazionali siano vissute come partite di calcio, dimentichi del fatto che spesso sul campo non scorre la palla, ma il dramma di intere popolazioni, e che in gioco è il futuro delle generazioni che verranno.
Ha fatto parlare di sé l’allegro e spensierato drappello di consiglieri regionali leghisti e di qualche agguerrito imprenditore partito per la Crimea lo scorso ottobre, quasi fosse una scampagnata domenicale, ed il messaggio che è passato non è tanto la denuncia dei miliardi persi a causa delle sanzioni, cosa che peraltro è sotto gli occhi di tutti, bensì che c’è chi ideologicamente è disposto a sposare la causa di Golia contro Davide, nonostante l’annessione russa della Crimea vada evidentemente contro il diritto internazionale.
Per quanto il gesto di un pugno di consiglieri regionali resti fine a se stesso, comprensibilmente – perché ferito è il paese, e ferito è chi lo rappresenta – l’ambasciatore ucraino in Italia Yevhen Perelygin, si è riferito all’iniziativa dei consiglieri leghisti con “profonda amarezza”, indicando che “in sintonia con la politica europea l’Ambasciata di Ucraina in Italia ha più volte indicato ai partecipanti come questa missione in Crimea non aderiva alla normativa internazionale ed ucraina, ed anche ai princìpi morali e ai valori comuni europei”.
D’altronde è noto che non per tutti il concetto di un’Europa Unita assume il giusto valore.
La crisi ucraina, il Donbass, Maidan, Minsk 2 e la Crimea stessa sono temi ben più complessi del prendere un aero ed essere ricevuti col tappeto rosso da un rappresentante russo locale in cerca di legittimazione internazionale: ci sono le migliaia vittime civili e militari di scontri che ormai durano da anni, i 298 morti del jet della Malaysia Airlines abbattuto da un missile villaggi e città distrutti.
Ed una pace che tarda a concretizzarsi, perché non può esistere senza che vi sia giustizia.

Abbiamo voluto fare il punto della situazione con l’ambasciatore Perelygin, iniziando proprio da quegli accordi di Minsk-2 ancora disattesi, per cui continuano ad esservi scontri nella parte orientale del paese.

maidan grande“La situazione dell’Ucraina orientale – spiega Perelygin – negli ultimi due anni e mezzo non ha visto alcun miglioramento, perché la Federazione Russa non rispetta gli accordi internazionali. Minsk-2 deve essere vista come una soluzione giusta per favorire il processo di pace a seguito della tregua stipulata tra le due parti, la quale tuttavia viene spesso violata, come dimostrano le continue notizie di vittime civili nella regione.
Minsk-2 può essere attuato, e difatti non meno di tre settimane fa il gruppo di Normandia (Russia, Ucraina, Germania, e Francia, ndr.) ha deciso di delineare una roadmap per favorire ed implementare tali accordi entro la fine di novembre. Il problema principale è dato dalla Russia e dall’interpretazione che questa ha degli accordi internazionali: mentre il governo di Kiev interpreta Minsk-2 in ottica occidentale e democratica, quello di Mosca preferisce una propria versione e preme per indire le elezioni in una regione dove effettivamente non c’è sicurezza e dove non è possibile stabilire il regolare svolgimento del processo elettorale.
Ad esempio, un mese fa due rappresentanti del Consiglio d’Europa, delle Assemblee parlamentari di Norvegia e Repubblica Ceca, si sarebbero voluti recare nel Donbass per conoscere la situazione locale, ma l’Osce e le altre organizzazioni internazionali hanno negato loro il permesso proprio per la pericolosità dell’area. Quindi, se le stesse istituzioni internazionali reputano l’Ucraina orientale zona pericolosa per un semplice lavoro di valutazione ed analisi del territorio, come è possibile organizzare delle elezioni? Su questo punto il nostro governo si scontra con il Cremlino, poiché questo continua a porre come condizione per il ritiro delle truppe e per il ripristino del controllo sui dei confini proprio l’indizione delle elezioni.
Ma non esiste solamente un problema di sicurezza, ma anche un dramma umanitario: in Ucraina ci sono un milione e mezzo di IDPs (Internal Displaced Person, sfollati, ndr.) e quindi non è possibile assicurare la regolarità delle elezioni senza poter garantire la partecipazione di queste persone, che rappresentano il 30 per cento della popolazione stessa”
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– Tuttavia una delle accuse mosse da Mosca è che il governo di Kiev non rispetta gli accordi in quanto c’è lentezza nel fare le riforme costituzionali previste dal Minsk-2…
“In due articoli degli accordi di Minsk-2 è specificato che l’Ucraina deve realizzare uno stato speciale per le elezioni e per il funzionamento amministrativo di queste regioni.
Il governo di Kiev si è adoperato in tal senso e difatti ha approvato la Legge speciale per le elezioni: il problema è che tale legge, secondo la nostra legislazione, non è sufficiente e quindi necessita di un’ulteriore legge che la possa implementare e che possa fissare la data delle elezioni. In tale senso il Parlamento ha effettuato un primo passo votando la legislazione per garantire l’attuazione delle norme elettorali dell’OSCE nel pieno rispetto degli accordi di Minsk.
In merito al decentramento dei poteri amministrativi che si vuole inserire nella Costituzione, l’iter prevede che vi sia in primo luogo una votazione a maggioranza semplice del Parlamento, poi l’opinione della Corte costituzionale in modo che tale modifica non contraddica la Costituzione stessa, ed infine la votazione con maggioranza costituzionale del Parlamento. Noi abbiamo già fatto il primo ed il secondo passo ed attualmente siamo in attesa di effettuare il terzo ed ultimo step qualora la parte russa invii un segnale positivo che dimostri come tutti i punti degli accordi di Minsk-2 siano in fase di realizzazione. Infatti non è possibile che la Russia scelga di realizzare soltanto i punti degli accordi che le vanno bene ma che ancora non ritiri le sue truppe dal nostro territorio, ossia 7mila mila soldati e 700 carri armati etichettati come “non russi” ma di proprietà dei separatisti. 700! Sono in grado i separatisti di acquistare 700 carri armati, cioè più di quelli che hanno oggi i tedeschi in tutta la Germania?
Per capirci, l’Ucraina vuole realizzare i punti degli accordi di Minsk-2, ma non può fare questo senza che l’altra parte dimostri la sua volontà e di operare in tal senso”
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img_1749– Nel 2013 il premier italiano Enrico Letta incontrò a Trieste il presidente russo Vladimir Putin, evento tra l’altro seguito da Notizie Geopolitiche. Nell’occasione Putin aveva spiegato che se l’Ucraina, considerata membro dell’Unione Economica Euroasiatica (Uee), avesse abbandonato questa organizzazione ed avesse aderito all’Unione Europea, per statuto avrebbe continuato a godere di dazi vicino allo zero, per cui si sarebbe aperta una falla nei due circuiti, con le merci europee che sarebbero giunte in Russia senza praticamente pagare tasse. Erano motivati i timori del presidente russo?
“No. Vorrei precisare che l’Ucraina non ha mai fatto parte dell’Unione Economica Euroasiatica, ma ha lavorato con tale organizzazione. In questo senso non è possibile parlare di una falla economica al sistema.
Aggiungo inoltre che Ucraina, Russa ed Unione Europea in un incontro hanno analizzato questa ‘minaccia economica’ per la Federazione Russa, ed è emerso in modo evidente che il problema principale è dato dalla mancanza di fiducia di Putin e dell’establishment russo nei confronti della propria dogana.
Pensi che al giorno d’oggi molte aziende europee esportino i propri prodotti in Bielorussia, paese membro dell’Uee, dove vengono cambiate le etichette inserendo un Made in Belarus e quindi portate sul mercato russo senza pagare i dazi.
La crisi Ucraina e le relazioni tra Mosca e Kiev, quindi, non riguardano problematiche di natura economica, bensì la sicurezza e la scelta di come sarà l’Europa nei prossimi 10-15 anni. Putin è una persona che sogna di ripristinare un “impero” liberale, senza paesi Baltici e senza l’Europa orientale, ma pur sempre un impero, il quale necessita dell’Ucraina per la sua vastità territoriale, per la posizione geografica strategica, per la produzione agricola, per la produzione bellica nucleare e per l’industria aerospaziale.
Fin dalla nostra indipendenza in Ucraina c’è stata una discussione se il paese avesse dovuto orientarsi verso la Federazione Russa oppure verso l’Europa: Maidan può essere considerato uno scontro tra passato, rappresentato dall’alleanza con la Russia nell’ottica di creare un nuovo polo mondiale da contrapporre all’occidente, e futuro, europeo. Una lotta quindi tra mentalità ucraina e mentalità russa”
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– Quale futuro vede per la Crimea nel quadro che ha riportato sopra?
“La Crimea sta vivendo oggi una situazione difficile dal punto di vista economico e sociale ed il suo futuro sembra essere incerto. Basti pensare che il Parlamento sovietico all’epoca di Nikita Khrushchev decise di assegnare la Crimea all’Ucraina, perché dal punto di vista dello sviluppo economico e sociale tale regione poteva avere una crescita soltanto attraverso un collegamento terrestre e quindi con l’Ucraina. Si noti, ho detto il Parlamento sovietico, non Khrushchev, come asseriscono i sostenitori dell’annessione russa della Crimea per motivi storici. Se è poi la storia che dobbiamo guardare, ricordiamoci che la popolazione autoctona sono i tatari, in massima parte trasferiti nel 1944 altrove su ordine di Stalin.
Parlando del futuro della regione posso dire che con Putin presidente della Federazione Russa la Crimea difficilmente tornerà all’Ucraina, perché qualora il Cremlino decidesse di restituirla a Kiev la vita politica del leader russo potrebbe essere considerata finita. Se guardiamo il grado di supporto popolare di Putin, soltanto dopo la crisi Ucraina e l’annessione della Crimea il rating di popolarità del presidente è salito fino ad un livello che gli ha permesso di divenire il leader incontrastato della Federazione.
Il nostro paese confida però nel processo storico e che quindi nel tempo la Crimea potrà tornare a far parte del nostro territorio e beneficiare del collegamento terrestre, condizione imprescindibile per il suo sviluppo economico e sociale. Dopo le promesse iniziali, infatti, la Crimea sotto la gestione russa non riceve più i fondi economici direttamente dal Cremlino, ma fa parte del Distretto Federale Meridionale (insieme alla Repubblica di Adighea, Oblast di Astrakhan, Oblast di Volgograd, Repubblica di Kalmicchia, Krasnodar Krai, Oblast di Rostov e Sebastopoli, ndr.) e l’erogazione dei fondi spetta all’amministrazione di Krasnodar, fattore che ha di gran lunga diminuito i fondi erogati in favore dello sviluppo regionale provocando scontento tra la popolazione locale. Noi puntavamo a fare della Crimea un polo turistico, Putin vi ha stanziato decine di migliaia di militari e di marinai, mettendoci pure le testate nucleari… chi va a far turismo su una spiaggia con di fianco i tubi di lancio dei missili? La cosa ha ovviamente avuto pesanti ripercussioni economiche sulla popolazione”
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ucraina carrarmato grande– Parliamo dei rapporti economici italo-ucraini: quali sono i benefici di un’Ucraina nell’Unione Europea per il nostro paese?
“Faccio notare he dopo il 2015 l’Italia è diventata il partner numero uno in Europa per gli esportatori ucraini: il totale delle esportazioni ucraine verso l’Italia supera la somma delle forniture verso Germania e Francia. E in termini di investimenti diretti esteri l’Italia è tra i dieci maggiori investitori nella nostra economia.
Tuttavia, oggi il volume degli scambi è diminuito di quasi la metà e la prima causa di tale calo è l’aggressione russa in Ucraina. Se nell’anno 2013 il totale dell’export italiano in Ucraina era pari a 1,871 miliardi di euro, il risultato dell’anno 2015 è stato solo 904 milioni. La crisi geopolitica è costata quasi 1 miliardo di euro ai produttori italiani. Tuttavia esiste ancora un ampio spazio di opportunità per rinnovare e ristabilire i rapporti commerciali e la cooperazione economica.
Sicuramente le aree più promettenti sono quelli dove l’Italia ha accumulato una grande esperienza e gode del riconoscimento internazionale, ad esempio efficienza energetica, le rinnovabili, la produzione dei mobili, l’industria del vestiario ed altri settori dell’eccellenza italiana. Inoltre la modernizzazione della produzione esige il rinnovo dell’attrezzamento negli impianti. Questo anche potrebbe costituire un cluster dove si possono applicare le idee italiane nella sfera di macchinari e attrezzamenti, cosa che necessita di un meccanismo di finanziamento”
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