di Enrico Oliari –
Il primo a parlare in modo semi ufficiale del via libera Usa all’impiego da parte ucraina di missili a lungo raggio da sparare in profondità nel territorio russo è stato il segretario di Stato Usa Antony Blinken, il quale ha fatto capire ai media che verrebbe accolta la richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelensky di attaccare la Russia in modo decisivo in un momento in cui le forze ucraine, nonostante le forniture occidentali, stanno cedendo terreno nel Donbass.
Il presidente russo Vladimir Putin ha fatto ieri notare che l’impiego di tali armi necessita di strutture specifiche e altamente tecnologiche come i satelliti, che l’Ucraina non ha, per cui si tratterà di un intervento diretto della Nato nel conflitto al quale la Russia dovrà dare una risposta. Lo stesso concetto è stato formulato alle Nazioni Unite dall’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, il quale ha parlato di “guerra diretta” della Nato alla Russia, minacciando che “I fatti sono che la Nato sarà parte diretta delle ostilità contro una potenza nucleare, penso che non dovreste dimenticarlo e pensare alle conseguenze”.
A fare una mezza marcia indietro è stato poi il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, anche perché, ha precisato, “una cosa è sostenere l’Ucraina e aiutarla a difendersi, un’altra è una guerra totale fra la Nato e la Russia”. I governi di Ungheria e Italia, quello di quest’ultima in un rarissimo sussulto sovranista (anche per i numerosi obiettivi Nato sul territorio, circa 120 basi), hanno insistito che le armi inviate dai rispettivi paesi non devono essere utilizzate sul territorio russo, ed anche “il cancelliere Scholz – ha riportato il portavoce del governo tedesco Steffen Hebestreit – non ha nessuna intenzione di dare all’Ucraina i missili da crociera Taurus”. Hebestreit ha insistito sul fatto che non verranno fornite armi a lungo raggio contro obiettivi in Russia.
In tema di missili c’è la questione di quelli che l’Iran sta fornendo alla Russia, fatto appurato dall’intelligence ma che entrambe le parti negano. Si tratta dei missili a corto raggio Fath-360, che la Russia avrebbe comprato dall’Iran in quanto meno costosi dei propri.
Che nel corso di una guerra ci sia una compravendita di armi è cosa del tutto fisiologica, ma qui si è aperta la scena di un nuovo teatrino occidentale fatto di doppiopesismo e di ipocrisia. Da parecchi mesi i paesi occidentali stanno fornendo all’Ucraina armi sempre più sofisticate e letali, ma da cancellerie e presidenze si è urlato allo scandalo, con il Pesc (Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue) Josep Borrell che ha annunciato una nuova lenzuolata di sanzioni all’Iran, come se decenni di tali misure fossero servite a qualcosa.
Borrell ha condannato a nome dell’Ue “il recente trasferimento di missili balistici di fabbricazione iraniana alla Russia. Tale trasferimento rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza europea e determina una sostanziale escalation (…)” “L’Unione Europea – ha aggiunto – ha ripetutamente intimato con fermezza all’Iran di non trasferire missili balistici alla Russia”, per cui “reagirà prontamente e di concerto con i partner internazionali, anche attraverso nuove e significative misure restrittive nei confronti dell’Iran (…)”. A Teheran non ci dormono la notte.
Tuttavia, siccome le incongruenze europee sono sotto gli occhi di tutti, anche Zelensky si è chiesto il motivo per cui “gli alleati abbattono in modo congiunto missili e droni nei cieli del Medio Oriente, mentre non riescono a decidersi di fare altrettanto con i missili Shahed e i droni russi nei cieli dell’Ucraina”.