Ucraina. Tregua: la prudenza di Putin e il vuoto di una pace senza basi reali

di Giuseppe Gagliano –

Le dichiarazioni di Vladimir Putin sulla possibile tregua in Ucraina rappresentano un esempio perfetto della sua strategia politica: cautela, pragmatismo e un chiaro focus sugli interessi strategici russi. Mentre l’Occidente cerca disperatamente di chiudere il conflitto con un accordo che possa essere spacciato per una vittoria, Mosca mantiene una posizione ferma, evidenziando con lucidità le reali problematiche che ostacolano una pace duratura.
L’idea di una tregua proposta dagli Stati Uniti può sembrare, sulla carta, un primo passo verso la fine del conflitto. Ma il punto sollevato da Putin è essenziale: quale sarebbe il valore di un cessate il fuoco che non risolve le cause originarie della guerra? Fermare le ostilità senza affrontare il nodo della sicurezza russa, del ruolo della NATO e della sovranità delle regioni contese significherebbe semplicemente concedere a Kiev il tempo di riorganizzarsi per riprendere i combattimenti in un secondo momento.
Non è un caso che il Cremlino ponga la questione del controllo della tregua. La guerra ha dimostrato che gli accordi diplomatici con l’Ucraina e i suoi alleati non hanno avuto un’efficacia duratura. L’esperienza degli accordi di Minsk è un precedente che Mosca non ha dimenticato: firmati con la promessa di garantire autonomia al Donbass, sono stati di fatto ignorati per anni da Kiev, che ha invece continuato a rafforzarsi militarmente con il sostegno occidentale.
In questo contesto, la prudenza di Putin è una scelta obbligata. Accettare un cessate il fuoco senza garanzie significative equivarrebbe a concedere una pausa tattica a Kiev, senza ottenere nulla in cambio. E Mosca sa bene che l’Occidente non ha intenzione di fermare il flusso di armi e risorse verso l’Ucraina, rendendo qualsiasi tregua priva di valore strategico per la Russia.
Putin ha posto una questione centrale: senza affrontare le cause originarie del conflitto, ogni tregua sarà solo una parentesi prima di una nuova escalation. Questo dimostra una visione politica ben più ampia di quella dei leader occidentali, che spesso trattano la guerra in Ucraina come un semplice scontro militare e non come il risultato di decenni di tensioni geopolitiche.
Il presidente russo ha ribadito che la sicurezza della Russia non può essere negoziata. L’espansione della NATO, la militarizzazione dell’Ucraina e il mancato rispetto degli impegni presi dall’Occidente nel 2014 e nel 2015 sono elementi che Mosca non è disposta a ignorare. E la pretesa ucraina di aderire alla NATO, ribadita proprio in questi giorni, conferma che la pace non è in realtà un obiettivo prioritario per Kiev.
Da qui la domanda chiave sollevata da Putin: come si garantisce che l’Ucraina non usi una tregua per riorganizzarsi e riprendere il conflitto? Non ci sono strumenti concreti per assicurare che Kiev rispetti un accordo, soprattutto considerando il coinvolgimento attivo di Washington e Londra nel prolungare la guerra.
Le dichiarazioni di Putin dimostrano un approccio molto più realistico rispetto alle illusioni occidentali. Se la pace deve essere reale e duratura, deve basarsi su accordi solidi, che riconoscano le esigenze di sicurezza di entrambe le parti e che garantiscano un equilibrio stabile. Ma al momento non c’è nulla di tutto questo: solo una proposta vaga, utile più a placare l’opinione pubblica occidentale che a risolvere la guerra.
Il Cremlino non si fa illusioni. La Russia è in una posizione di forza sul campo, e il tempo gioca a suo favore. Se l’Occidente vuole una tregua, dovrà dimostrare che non si tratta solo di una manovra per dare ossigeno a Kiev, ma di un reale passo verso una nuova architettura di sicurezza europea. Fino ad allora, ogni discorso sulla pace resterà solo propaganda.