Ucraina. Una crisi senza fine

di Marco Corno

Nei prossimi decenni gli storici considereranno la caduta dell’URSS del 1991 come l’evento geopolitico che più ha influenzato la storia del ventunesimo secolo. Definita da Putin la più grande catastrofe geopolitica della storia, la frammentazione dello spazio eurasiatico ha avviato tutta una serie di conflitti regionali che hanno acuito la diatriba tra Occidente e Russia, in particolare la crisi ucraina (2013-2015) e l’annessione della Crimea da parte del Cremlino nel 2014.
Un dossier, quello ucraino, rimasto a lungo in fieri del quale non si è mai trovata una soluzione definitiva: gli accordi di Minsk (2014,2015) sono riusciti a contenere l’escalation di violenza nel paese ma mai a sopirla completamente e infatti negli anni successivi nell’ex Repubblica sovietica è continuata una guerra a bassa intensità tra Kiev e i separatisti filorussi del Donbass.
Adesso il fragile status quo accettato sia da Washington che da Mosca rischia in queste ultime settimane di rompersi definitivamente. I colloqui svoltisi tra le due super potenze non hanno prodotto nulla di risolutivo (e di conseguenza gli incontri della Russia con la NATO e l’OSCE non sarebbero potuti andare meglio), segno che la crisi ha raggiunto una tensione senza precedenti.
Tuttavia entrambe le parti vorrebbero scongiurare l’inizio di una guerra in Europa.
La vexata quaestio però è l’incompatibilità degli interessi geostrategici in gioco tra gli Stati Uniti e la Russia che rendono difficile la stipula di qualsiasi accordo di lungo periodo (si veda il mio articolo Ucraina: una bomba pronta ad esplodere). Probabilmente, al fine di trovare un accettabile modus vivendi tra le parti, si assisterà nei prossimi mesi ad una spartizione territoriale dell’Ucraina tramite un accordo de facto russo-americano: la parte orientale sotto sovranità russo e la parte occidentale sotto influenza americana. L’ex spazio sovietico potrebbe andare in contro allo stesso destino del Medio Oriente post-ottomano quando Gran Bretagna e Francia si sono spartite con l’accordo Sykes-Picot (1916) gli ex territorio ottomani dell’Asia Minore.
Ma le diffidenze e la determinazione a non cedere nulla all’avversario rischiano di compromettere definitivamente il minimo margine di dialogo rimasto e far scoppiare un conflitto armato. In più, la probabilità che l’Ucraina imploda ancor prima di un’intesa tra le parti non è da escludere. Kiev si trova oramai tra “l’incudine e il martello” e probabilmente farà fatica a reggere alla schiacciante pressione geopolitica proveniente dall’esterno, a cui si aggiunge una forte crisi interna.
Se ciò dovesse accadere, lo stato ucraino si trasformerebbe in un “buco nero” che risucchierebbe tutto ciò che lo circonda, trascinando obtorto collo direttamente la Russia e indirettamente gli Stati Uniti in una guerra che avrebbe delle ripercussioni catastrofiche per l’intero continente europeo, per la NATO e per il futuro dell’Unione Europea.
In questi giorni la diplomazia lavora all’interno di un contesto regionale in cui la situazione potrebbe sfuggire al controllo di tutti gli attori coinvolti perché in Ucraina si decidono non soltanto le sorti dell’Europa ma anche il balance of power dell’intero ordine internazionale.