di Enrico Oliari –
L’inviato speciale di Donald Trump per la crisi ucraina, Steve Witkoff, si è recato ieri a Mosca in quella che è stata la sua quarta visita finalizzata alla soluzione del conflitto e alla ricostruzione dei rapporti tra gli Usa e la Russia. Witkoff ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin al Cremlino, e come ha riportato l’assistente presidenziale Yuri Ushakov la conversazione è durata tre ore, definita “costruttiva e molto utile”.
Ushakov ha spiegato che “Questa conversazione ha permesso di avvicinare ulteriormente le posizioni di Russia e Stati Uniti non solo sull’Ucraina, ma anche su una serie di altre questioni internazionali. Per quanto riguarda la crisi ucraina in sé, la discussione si è concentrata in particolare sulla possibilità di riprendere i negoziati diretti tra i rappresentanti della Federazione Russa e dell’Ucraina”. “Il produttivo dialogo russo-americano continuerà a vari livelli”, ha aggiunto.
La Reuters ha riportato l’elenco completo delle proposte statunitensi per un accordo russo-ucraino, ovvero il cessate-il-fuoco permanente e l’avvio immediato di negoziati tra Mosca e Kiev; il riconoscimento de jure della Crimea e dei territori delle quattro regioni sotto il controllo de facto russo; la restituzione a Kiev del territorio della regione di Kharkiv; il rifiuto dell’Ucraina di aderire alla NATO, motivo alla base della guerra; le garanzie europee per la sicurezza dell’Ucraina; la revoca delle sanzioni contro la Russia e la cooperazione tra Russia e Stati Uniti nei settori dell’energia e dell’industria; il ripristino del controllo ucraino sulla centrale nucleare di Zaporizhzhya, ma con la gestione della centrale da parte degli Stati Uniti.
Da Kiev è arrivata resistenza al piano Usa. Prima di partire per Roma, per prendere parte al funerale di papa Francesco, il ministro degli Esteri Andrii Sybiha ha affermato che “La Crimea e gli altri territori appartengono all’Ucraina e la loro perdita non è riconosciuta”, e che “l’Ucraina non accetterà alcun veto in merito all’adesione a organismi internazionali”, con evidente riferimento alla Nato.
Secondo fonti non ancora ufficiali, gli Usa potrebbero accettare la posizione ucraina che prevede che le forze armate e l’industria della difesa non vengano soggette a restrizioni.
Per quanto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky continui a muoversi per le cancellerie occidentali tenendo i toni alti, è evidente che alla fine sarà costretto a soggiacere all’accordo di Trump, sia perché gli Usa eserciteranno adeguate pressioni sugli alleati europei, sia perché l’indebitata e devastata Ucraina ha oggi un disperato bisogno dell’assistenza degli Usa in ogni campo, dall’intelligence alla rete Starlink, dalla ricostruzione all’energia, alla sicurezza.
Zelensky, giunto a Roma per il funerale del papa indossando la sua immancabile divisa pseudo militare, ha avuto nella basilica di San Pietro un breve colloquio privato con Donald Trump di cui non si conoscono i dettagli, e si è salutato con il premier britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron.
Zelensky ha definito su X l’incontro come “ottimo”, aggiungendo che “abbiamo discusso a lungo a tu per tu. Speriamo in risultati concreti su tutto ciò che abbiamo trattato. Proteggere la vita del nostro popolo. Un cessate-il-fuoco completo e incondizionato. Una pace affidabile e duratura che impedisca lo scoppio di un’altra guerra. Un incontro molto simbolico che ha il potenziale per diventare storico, se raggiungeremo risultati congiunti. Grazie @POTUS”.