di Guido Keller –
Per Volodymyr Zelensky è una debacle. Non solo perché gli Usa di Donald Trump si sono rifiutati di firmare all’Onu la bozza di condanna dell’aggressione russa, sottoscritta da una cinquantina di paesi, ovvero da meno di un terzo dell’Assemblea. Bensì perché nel cul de sac in cui si è cacciato il presidente ucraino si agita, sbraita, senza poterne uscire. Tant’è che solo tre giorni fa aveva risposto picche alla richiesta di Trump di impossessarsi della metà delle terre rare ucraine e di altri minerali tra cui titanio, grafite e litio in cambio degli armamenti e visti i colossali debiti contratti, ma già oggi sono in corso trattative per trovare la quadra, cioè un accordo che accontenti gli Usa senza perderci troppo.
Per il presidente Usa oggi Zelensky conta poco o nulla, e lo ha dimostrato in questi giorni tagliandolo fuori dai colloqui di Riad tra i ministri degli Esteri Serghei Lavrov e Marco Rubio e definendolo “un comico mediocre” e “un dittatore”. Ci si è messo pure Elon Musk ad infierire, scrivendo su X che “Il presidente Trump fa bene a ignorare Zelensky e a muoversi per la pace indipendentemente dalla disgustosa e massiccia macchina per la corruzione del presidente ucraino che si nutre dei cadaveri dei suoi soldati”. E viste il mandato scaduto ormai da mesi, “se Zelensky fosse davvero amato dal popolo ucraino, indirebbe le elezioni. Sa tuttavia che perderebbe in maniera schiacciante, nonostante abbia preso il controllo di tutti i media ucraini. In realtà è disprezzato dal popolo ucraino, motivo per cui si è rifiutato di indire le elezioni”.
Accuse gravissime. Se non fosse che creare Zelensky e il suo mito sono stati proprio gli Usa, quando al vertice Nato del 2008 decisero l’adesione di Ucraina e Georgia pur sapendo che la Russia mai avrebbe accettato l’ulteriore espansione a est dell’Alleanza Atlantica. Quando nel 2022 i russi ammassarono intere divisioni al confine ucraino, furono il britannico Boris Johnson e la Casa Bianca a persuadere il presidente ucraino a rinunciare al proposito di fare trattative per evitare la guerra.
Oggi Zelensky è con il cerino in mano, perché gli Usa fanno, come hanno sempre fatto, quello che vogliono. Tradendo, mischiando le carte, rinnegando ogni parola, ma sempre quello che vogliono. Gli restano solo gli alleati europei, divisi e sempre meno credibili, con le grandi aziende che chiudono e i costi dell’energia alle stelle, costretti a tagliare la spesa sociale per comprare armi e con le grandi aziende che chiudono, con i partiti estremi che avanzano inesorabilmente perché alla gente comune, a quella che deve arrivare alla fine del mese, interessa la bolletta del gas, non l’entrata dell’Ucraina nella Nato. C’è quindi uno scollamento tra gli interessi degli europei e quelli dei leader europei, tanto che Steffen Hebestreit, portavoce del governo della Germania e cioè del paese a rischio di recessione e con le aziende automobilistiche che chiudono e che licenziano, ha insistito sul sostegno incondizionato e sull'”integrità territoriale” dell’Ucraina, notando che Berlino “è il secondo donatore bilaterale dell’Ucraina con 44 miliardi di euro”.
In un momento in cui gli Usa chiudono i rubinetti e parlano di cooperazione economica con la Russia e persino di cancellare le sanzioni, l’Ue insiste con la propria belligeranza in barba al motivo per il quale è nata, cioè di garantire pace e benessere tra gli europei: il commissario Ue alla Difesa Andrius Kubilius ha annunciato per il 24 febbraio, terzo anniversario dell’invasione russa, “un segnale molto forte all’Ucraina”, cioè l’ennesimo pacchetto di soldi e di aiuti militari di cui si parla da alcuni giorni. Secondo i servizi ucraini ripresi da Bild e Kiev Indipendent, lo stesso giorno Vladimir Putin proclamerà la vittoria sull’Ucraina.