Ucraina. Zelensky incontra Rutte a Odessa e spera nella “guerra di permanenza”

di Giuseppe Gagliano –

A Odessa, crocevia strategico e simbolico del Mar Nero, Volodymyr Zelensky ha accolto il segretario generale della NATO, Mark Rutte, con un messaggio chiaro e senza più illusioni: l’Ucraina non solo ha bisogno di armi, ma pretende una nuova architettura militare per l’Europa orientale, fondata sulla produzione congiunta e sull’integrazione permanente dell’Ucraina nel sistema difensivo euro-atlantico.
Zelensky non parla più il linguaggio dell’emergenza, ma quello della permanenza. Chiede dieci batterie Patriot per 15 miliardi di dollari, ma soprattutto propone una svolta industriale e strategica: l’Europa deve diventare fabbrica d’armi, non solo mercato degli aiuti. E l’Ucraina vuole essere non più solo destinataria, ma coprotagonista, dotata di un proprio sistema di difesa aerea di livello strategico. È l’appello di un Paese che non punta più solo a resistere, ma a riplasmare il proprio destino in funzione della deterrenza permanente contro la Russia.
Rutte dal canto suo ribadisce l’alleanza e i 20 miliardi di euro di aiuti già versati dai partner NATO nei primi mesi del 2025. Ma sa che il vero nodo è politico: come mantenere la coesione interna all’Alleanza mentre l’Ungheria, con Viktor Orban, minaccia il veto sull’estensione delle sanzioni europee alla Russia? A Bruxelles si esplorano scorciatoie legali per aggirare Budapest, ma i margini sono stretti. Il rischio di fratture è reale.
Il vertice di Odessa è anche l’occasione per annunciare nuove consultazioni sulla sicurezza del Mar Nero con Francia, Regno Unito e soprattutto Turchia, partner ambivalente ma cruciale. Zelensky punta su Ankara come garante in caso di tregua, proprio come nel 2022 con l’accordo sul grano. Non si parla di pace, ma del “giorno dopo”: chi controllerà il mare? Quali garanzie verranno offerte all’Ucraina se il conflitto si congelasse senza risolversi?
Il messaggio che Odessa invia all’Europa è inequivocabile: non si può più pensare alla guerra in Ucraina come a un’eccezione temporanea. È una faglia strategica permanente che impone una ristrutturazione radicale della sicurezza europea. L’Ucraina si offre come frontiera armata, ma chiede in cambio integrazione e industrializzazione militare. Non più semplici armi, ma sovranità condivisa.