Ucraina. Zelensky, ‘nessuna possibilità di dialogo’. Ma Austin e Shoigu si telefonano

di Enrico Oliari

Intervistato per le tv canadesi Ctv e Cbc, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito che “la premessa per avviare colloqui di pace con i russi è il loro ritiro entro i confini internazionalmente riconosciuti del 1991”. Zelenky ha insistito che “abbiamo a che fare con terroristi, non dobbiamo dare seguito alle loro condizioni: il mondo dovrebbe sbarazzarsi del ricatto nucleare russo, a cominciare dalla liberazione della centrale di Zaporizhzhia”. Ha quindi aggiunto che “i nostri militari sono motivati e ricevono quanto hanno bisogno per proteggere la nazione, e vanno avanti, ci tengo a sottolinearlo”.
Al di là dei proclami e della stampa non sempre perita, non è chiaro quanto in realtà gli ucraini stiano progredendo nel Donbass, dove le forze russe si sono assestate per difendere i territori annessi da Vladimir Putin alla Russia attraverso un referendum farlocco, certo è che fin dalla distruzione del ponte di Kerch, che collega la Crimea alla penisola di Taman, i russi hanno intensificato i bombardamenti sulle città e sugli obiettivi militari ucraini, anche con i droni kamikaze iraniani.
Ieri un milione e mezzo di ucraini sono rimasti senza elettricità a causa del bombardamento di alcuni impianti per la produzione di energia, e ad essere prese di mira sono state in particolare Mykolaiv e la regione di Zaporizhzhia, nel sud del paese. Vi sono state vittime anche tra i civili, e la responsabile dell’ufficio politico dell’Onu, Rosemary di Carlo, ha riferito al Consiglio di sicurezza che le vittime dall’inizio del conflitto sono rimasti uccisi 6.322 civili.
Dal momento che Zelensky si è mostrato chiuso al dialogo con la Russia, il ministro della Difesa di Mosca, Sergey Shoigu, ha parlato direttamente con chi comanda in Ucraina, cioè con Washington, ma non è stato reso noto cosa si sia detto con il collega Lloyd Austin. Questi ha solo confermato il colloquio, sottolineando l’importanza di tenere aperti i canali.
Più possibilista il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, il quale da sempre tiene il piede in due scarpe: se gli riuscisse di essere lui a mediare la pace avrebbe credito in abbondanza da spendere sia a Mosca, che a Washington, che a Bruxelles. Al momento Erdogan è riuscito a far prorogare l’accordo sull’esportazione del grano.