Ue. Gas russo: le aziende europee lo vogliono, la politica no

di Giuseppe Gagliano

Aziende energetiche di Ungheria, Slovacchia, Austria e Italia hanno scritto lettera alla Commissione europea che appare come un’implorazione ben poco velata. La richiesta di estendere il contratto di transito del gas russo attraverso l’Ucraina, in scadenza alla fine del 2024, espone il paradosso di un’Europa che da un lato si allinea alle direttive Nato e statunitensi in chiave anti-russa, e dall’altro continua a dipendere dalla Russia per la sua sicurezza energetica.
Le nazioni coinvolte, alcune delle quali come Slovacchia e Ungheria si sono dimostrate tra le più riluttanti ad adottare un approccio rigoroso nei confronti di Mosca, sottolineano l’impatto economico e sociale della fine del transito del gas russo. Per loro perdere i flussi garantiti dall’accordo firmato nel 2019 significherebbe non solo rincari nei costi dell’energia, ma anche l’aggravarsi della fragilità economica in un momento di inflazione galoppante.
La risposta della Commissione europea è stata prevedibile: minimizzare i rischi e ribadire che l’Ue, ormai orientata verso una diversificazione energetica, non subirebbe gravi conseguenze dal venir meno dell’accordo. Ma le dinamiche interne all’Unione raccontano una storia diversa. Nonostante i proclami sulla transizione ecologica e l’indipendenza dai combustibili fossili russi, il gas naturale resta un pilastro fondamentale per le economie dell’Europa centrale e orientale. Paesi come Slovacchia e Ungheria non possono permettersi di abbandonare il gas russo senza alternative praticabili e immediate. Eppure la loro richiesta rivolta alla Commissione europea tradisce una consapevolezza più profonda: questi governi sanno di non poter negoziare direttamente con Mosca, pena l’accusa di slealtà politica nei confronti di Bruxelles e Washington. Il risultato è un rimpallo di responsabilità che mette a nudo l’inefficacia di una politica energetica comune.
L’Ucraina da parte sua è un attore fondamentale in questa vicenda, ma con priorità che divergono radicalmente da quelle dei suoi vicini europei. Kiev non ha alcun interesse a prolungare un accordo che garantisce flussi energetici russi verso l’Europa. Ogni euro che Mosca incassa dal transito del gas rappresenta una risorsa che potrebbe essere impiegata nella guerra in corso. Di conseguenza, la posizione ucraina è chiara: eventuali negoziati sul transito dovrebbero escludere completamente il gas russo.
Questo pone la Commissione europea in una posizione scomoda. Da un lato Bruxelles non vuole compromettere il suo sostegno a Kiev, dall’altro deve affrontare le pressioni crescenti di governi e aziende preoccupati per la stabilità economica della regione.
Questa richiesta, per quanto logica dal punto di vista economico, è politicamente inevitabile. L’Europa si trova intrappolata in un paradosso: dichiarare la fine della dipendenza dalla Russia, ma continuare a fare affidamento sul gas russo per mantenere a galla le sue economie.
È qui che emerge il carattere inevitabile della contraddizione: per quanto l’Ue si sforzi di rafforzare la sua autonomia energetica, le infrastrutture e i contratti esistenti non possono essere trasformati dall’oggi al domani. La realtà è che il gas russo, a dispetto delle tensioni geopolitiche, rimane la fonte di energia più accessibile e conveniente per gran parte dell’Europa centrale.
Nel frattempo le nazioni più vicine alla Russia, come Serbia e Moldavia, osservano con crescente preoccupazione. Per loro la fine del transito attraverso l’Ucraina significherebbe una crisi energetica ben più acuta. La dipendenza dai flussi russi è così profonda che nemmeno gli sforzi dell’UE per fornire alternative possono colmare il vuoto in tempi utili.
Il tutto mentre gli Stati Uniti continuano a comprare dalla Russia l’uranio per il funzionamento delle proprie centrali nucleari.
La lettera inviata alla Commissione europea dunque non è solo una richiesta tecnica, ma un atto di resa politica. Mostra un’Europa divisa tra le sue aspirazioni di indipendenza e le sue dipendenze strutturali. Finché l’Ue continuerà a subordinare le sue decisioni energetiche alle dinamiche geopolitiche transatlantiche, simili richieste non saranno l’eccezione, ma la regola. E con esse il paradosso europeo si perpetuerà: allinearsi per isolare la Russia, ma dipendere ancora dal gas russo per sopravvivere.