Ue. L’involuzione della classe politica europea si riflette nella Commissione

di Dario Rivolta *

“Grazie al morboso estraniamento che l’insania nazionalistica ha seminato, e tutt’ora continua a seminare, tra i popoli d’Europa, nonché grazie ai politici dalla vista corta e dalla mano svelta che con l’aiuto di quella sono oggi in auge… grazie a tutto questo e a molte altre cose ancora vengono attualmente ignorati o arbitrariamente e falsamente travisati gli indizi inequivocabili di un’Europa che vuole diventare una”. Friedrich Nietzsche – 1885. Al di là del bene e del male.
Purtroppo, il progetto che i grandi “padri fondatori” elaborarono per l’Europa ha subito una sorte al ribasso. Ciò che doveva diventare una eccezionale unione tra gli Stati del continente, via via anche politica, si è ridotta alla creazione di un mercato senza dazi e alla retorica presentazione di un’unione che in realtà è solo finzione. Sempre di più i vertici scelti per esserne a capo sono stati cooptati pescando volutamente tra personaggi politicamente insignificanti in modo che non potessero dar fastidio ai capetti nazionali e ai piccoli egoismi affatto lungimiranti. Negli ultimi anni la pochezza della classe dirigente europea è diventata così macroscopica che si è perso ogni pudore.
Più il tempo passa, più sono spinto a rivalutare quello che oramai è definita la “prima Repubblica”. In realtà la cosa non vale solo per l’Italia, bensì per tutta l’Europa. Negli anni del dopoguerra ci furono politici, imprenditori e dirigenti d’azienda di grande levatura, capaci di costruire per il futuro dei Paesi del nostro continente, gente che credeva veramente nel servizio alla collettività e sapeva circondarsi di persone altrettanto capaci e votate. Pensiamo ai De Gasperi, ai Parri, ai Fanfani, ai Nenni, ai Moro, ai Craxi, ai De Michelis e anche a Berlinguer, a Pannella, ad Almirante, a Malagodi per citarne solo alcuni in Italia. E in Europa De Gaulle, Pompidou, Brandt, Schmidt ecc. Oppure Pirelli, Cefis, Valletta, Ghidella, Barilla, Berlusconi, Caprotti, Illy, Marzotto ecc… Al contrario, oggi ci troviamo Conte, Schlein, Salvini, Tajani, Scholz, Macron, Rutte e dirigenti d’azienda scelti più per servilismo che per capacità, imprenditori che pensano alla finanza piuttosto che alla produzione e via di questo passo (minimo)…
Se osserviamo i vertici dell’Unione, attuali e quelli appena passati, andiamo, se possibile, perfino peggio. Come presidente (stolidamente riconfermata) abbiamo una signora tedesca che ha sempre dato il peggio di sé anche prima di arrivare a Bruxelles. Nel 1991 presentò una tesi di dottorato all’Università di medicina di Hannover che fu scoperto essere una copiatura di testi altrui per almeno il 43% della dissertazione (sic!). Nel 2016 l’Università ammise che vi furono violazioni delle norme accademiche ma il titolo non fu revocato perché non fu possibile dimostrare che vi fu un intento fraudolento. O, forse, per interventi “molto autorevoli” a suo favore. Da ministro della Difesa teutonica affidò contratti per un valore di almeno 155 milioni di euro senza procedure trasparenti e sospettati di conflitti di interesse a favore di società cui apparteneva il marito. Durante il suo ministero l’esercito tedesco affrontò gravi problemi di approvvigionamento e di manutenzione e tutte le voci della stampa e dello stesso esercito attribuirono a lei una gestione perlomeno inefficace delle risorse. La ristrutturazione della nave scuola della marina militare della Germania avrebbe dovuto costare circa 10 milioni di euro ma arrivò a costare ben 135 milioni (ripeto: centotrentacinque milioni cioè circa il 1.250 percento in più). La cosa più grave è che lei avrebbe ostacolato (è sempre la stampa tedesca che lo scrive) in ogni modo le indagini parlamentari relativi agli scandali che la riguardavano, mostrando una scarsa volontà di chiarire tutte le irregolarità interne al suo ministero.
Da Presidente della Commissione Europea nella scorsa legislatura ha continuato nelle sue attività poco trasparenti quando ha negato al Parlamento Europeo, che lo aveva richiesto, l’accesso ai documenti relativi all’acquisto dei vaccini anti Covid-19 da lei condotto privatamente con il CEO di Pfizer Albert Bourla. Anche il testo del contratto, consegnato ai parlamentari dopo grandi pressioni era pieno di omissis sulle questioni più importanti riguardanti prezzi, tempi di consegna ed eventuali penalità. Eppure un’Assemblea rinnovata, ma evidentemente cieca o senza senno le ha rinnovato il mandato, aggiungendo in più uno pseudo-ministro degli esteri ancora peggiore del Borrell che l’aveva preceduta: Kaja Kallas della quale l’unica vera virtù conosciuta era di essere ferocemente anti-russa.
Purtroppo, non solo i vertici di questa Commissione europea sono di dubbie capacità, con alcuni di loro sospettati anche di pratiche non corrette, ma anche tra i massimi funzionari non sembra ci siano delle grandi cime intellettuali. Ci sarebbe da sperare che almeno nel loro campo ristrettissimo sappiano di cosa parlano, ma quello che emerge con evidenza è la loro incapacità di guardare oltre il loro naso e di considerare le conseguenze delle decisioni che suggeriscono ai politici (di per sé solitamente impreparati). Un macroscopico esempio è la legge sulle obbligatorie ristrutturazioni “green” delle case europee: non solo non si sono fatti i conti con gli enormi costi che le famiglie dovrebbero sopportare, ma nemmeno si è considerato che le questioni climatiche variano moltissimo dalla Svezia alla Sicilia e che in Italia, per esempio, esistono decine di migliaia di case più che centenarie che sarebbero depauperate della loro anima se sottoposte agli interventi che dovrebbero essere imposti dai singoli governi. In questo caso, speriamo almeno che le nostre Autorità politiche sappiano opporsi con la dovuta forza agli scempi che causerebbe una tale direttiva.
Molto peggio, già da fin d’ora, è la questione della forzatura verso le auto elettriche. Che tale soluzione sia praticamente una totale stupidaggine è oramai noto a tutti i consumatori che stanno dimostrando di non volerle comprare. Tuttavia il problema non è soltanto che sono inadeguate al tipo di utilizzo che solitamente si chiede a una autovettura. E non è nemmeno, per quanto gravissimo, il danno occupazionale per tutto il settore della produzione delle automobili, danno che coinvolge centinaia di migliaia di lavoratori. Ciò che gli stolidi funzionari, gli pseudo-scienziati “green” che li spalleggiano e i politici ignoranti che approvano le loro fantasticherie sembrano non vedere sono le conseguenze ambientali e geo-politiche che quelle scelte implicano. Prima di menzionarne alcune mi basta citare quanto l’AD di Eni, De Scalzi, ha recentemente affermato: “Non voglio essere antieuropeo, ma anche la stupidità uccide e ci sta uccidendo perché dobbiamo subirla sulla base di ideologie ridicole che ci vengono dettate da una minoranza dell’Europa, non una maggioranza, e noi dobbiamo continuare a digerirle e chinare il capo morendo lentamente”. E ha continuato: “L’Europa è competitiva sull’ambiente e non sulla crescita e, infatti, americani e cinesi (e indiani, ndr.) ci dicono che siamo bravissimi e intanto investono nella crescita”.
Se il problema fosse realmente e solamente una questione ambientale, si sono mai chiesti quei vanesi “ambientalisti” quanto, per produrre pochi grammi di quelle terre rare (dette “rare” non perché sia difficile reperirle ovunque, bensì perché estremamente rarefatte all’interno delle rocce) indispensabili per l’elettrificazione, serva scavare nelle montagne centinaia di tonnellate di roccia e poi trattarle con metodi necessariamente molto inquinanti? Se, come si sa, di terre rare se ne trovano ovunque, perché vengono estratte e lavorate quasi soltanto in Cina? Non sarà perché influiscono pesantemente sulla salubrità dell’ambiente? Comunque, di là dall’inquinamento delle acque, dell’atmosfera e della necessità di grande energia (che non è certo del tipo “rinnovabile”) necessaria per la lavorazione, una cosa che sembra non essere mai stata presa in considerazione è la subordinazione di tutta l’economia europea a quella cinese. Si voleva sottrarsi allo strapotere ricattatorio dei Paesi petroliferi per cadere poi nello stesso potere da parte dei cinesi?
Facciamo un esempio con uno dei materiali più semplici e utilizzato da millenni: il rame. Il più grande produttore di rame mondiale è il Cile che produce circa un quarto della domanda mondiale. Il secondo è il Congo con il 14% e terzo il Perù con l’11%. Chi però possiede e raffina tale prodotto non sono loro: la Cina controlla circa il 60% della capacità mondiale e ne lavora il 46% di tutto il mondo mentre l’Europa ne lavora solo il 20%. Occorre anche contare che pure l’estrazione del rame è oggetto di conseguenze ambientali negative, tanto è vero che, a seguito di fortissime proteste, la miniera di Cobre in Panama è stata chiusa e anche in Perù si chiede la stessa soluzione. Possiamo per questo rimproverare i cinesi? Il rame, per la sua conduttività, resistenza alla corrosione e durabilità è indispensabile per tutti i veicoli elettrici oltreché per i pannelli solari e per le turbine a vento. Che colpa ne hanno loro se la domanda di rame, proprio per le politiche “green” è prevista crescere in modo esponenziale entro il 2050?
Perché i nostri soloni ambientalisti di Bruxelles e nelle varie capitali del continente non allargano il loro sguardo più in là della loro ristretta visuale e considerano cosa succede nel resto del mondo e quali prezzi tutti i popoli europei pagheranno in termini economici, di libertà e autonomia politica per seguire le loro politiche incoerenti e corto-vedenti? Perché invece di sperperare denari dei contribuenti inseguendo ideologie fallimentari non usano quei soldi per finanziare massivamente le ricerche sul nucleare a fusione?
Badate bene, non l’attuale nucleare a fissione che produce, con le inevitabili scorie, molti più danni ambientali dei vituperati petrolio e gas!
Certo, per fare scelte che andrebbero contro la propaganda di intellettualmente limitati “ambientalisti” occorrerebbero politici coraggiosi e dotati di giuste personalità. Purtroppo oggi non se ne vedono e ancora di più dobbiamo rimpiangere quei grandi che seppero riportare l’Europa intera dagli abissi e dalla distruzione della guerra verso il benessere che ci hanno lasciato e che ora, invece, gli attuali politici stanno facendo svanire
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* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.