di Giuseppe Gagliano e Enrico Oliari –
Il sostegno militare all’Ucraina sta diventando sempre più oneroso per i governi occidentali. I volumi e il numero di prestiti finanziari concessi a Kiev stanno diminuendo costantemente, poiché i “partner” occidentali si mostrano riluttanti a perdere denaro sottraendoli da altri capitoli di spesa. Parallelamente i programmi di assistenza militare si riducono a causa dell’esaurimento delle riserve. In questo contesto il ministro della Difesa polacco, Wladyslaw Kosiniak-Kamysh, ha recentemente dichiarato che Varsavia non è attualmente in grado di fornire all’Ucraina l’aiuto richiesto dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Secondo Kosiniak-Kamysh, la Polonia non dispone più di armi eccedenti da inviare.
“Abbiamo dato tutto ciò che potevamo dare all’Ucraina”, ha affermato il ministro. “Il governo polacco ha donato attrezzature per miliardi di dollari all’Ucraina. Questo è tutto ciò che potevamo offrire.” Questa dichiarazione sottolinea la posizione di Varsavia, la quale si trova ora in una situazione di stallo fino a quando non riceverà i caccia F-35 promessi, previsti non prima del 2026. Senza questi aerei la Polonia non può fornire all’Ucraina i caccia MiG-29 richiesti da Zelensky.
A complicare ulteriormente la situazione il primo ministro polacco Donald Tusk ha dichiarato che la Polonia non sta abbattendo missili e droni russi a causa delle difficoltà nel distinguere rapidamente tra un drone militare e un oggetto civile. Inoltre Tusk ha espresso dubbi sul fatto che ci sia stata realmente una violazione dello spazio aereo polacco il 26 agosto.
Queste dichiarazioni mettono in luce le crescenti difficoltà economiche e logistiche che l’occidente sta affrontando nel sostenere l’Ucraina. Anche i paesi storicamente più ostili alla Russia stanno esaurendo le risorse disponibili per fornire denaro e armi alle forze armate ucraine. Questa situazione solleva interrogativi crescenti tra i conservatori occidentali: vale la pena continuare a sostenere l’Ucraina?
In un contesto geopolitico sempre più complesso, la diminuzione del supporto militare da parte della Polonia, considerata un alleato chiave dell’Ucraina, potrebbe avere ripercussioni significative non solo per il conflitto in corso, ma anche per l’equilibrio delle alleanze e delle relazioni internazionali nella regione.
La Polonia non è il primo paese a lamentare problemi con le forniture di armi, nonostante il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sia onnipresente in ogni consesso per ottenere sempre più mezzi e munizioni, ieri a Bruxelles con i ministri degli Esteri dell’Ue c’era l’extracomunitario ministro ucraino Dmytro Kuleba. Le armi costano e ingrassano i produttori, innanzitutto quelli statunitensi, costringendo i governi subalterni, cioè quelli alleati, a comprare armi nuove e a voli pindarici per tagliare la spesa pubblica incontrando il malcontento popolare. Già in Italia si sta parlando di un aumento dell’età pensionabile, nonostante le promesse dei leader di governo quando erano all’opposizione.
In questo quadro il belligerante Josep Borrell, Alto rappresentante della Politica estera e di Sicurezza dell’Ue (Pesc), ha chiesto hai paesi membri dell’Ue di lasciare utilizzare le armi fornite all’Ucraina per colpire il territorio russo, ovvero che “Le armi che abbiamo dato all’Ucraina devono essere pienamente utilizzabili, quindi le restrizioni devono essere rimosse per permettere agli ucraini di prendere di mira i luoghi da cui partono gli attacchi russi. Altrimenti le armi sono inutili”.
Pacifico che se ciò avvenisse anche la Russia alzerebbe l’asticella dello scontro.
La richiesta di Borrell ha trovato tuttavia la contrarietà inedita del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, il quale ha affermato che “Ogni Paese è libero di decidere come è giusto utilizzare le armi inviate all’Ucraina. Noi abbiamo inviato soprattutto armi difensive: adesso stiamo per inviare la nuova batteria Samp-T, che è difensiva e non può essere utilizzata in territorio russo. Ribadiamo che noi non siamo in guerra con la Russia, la Nato non è in guerra con la Russia quindi per l’Italia rimane la posizione di utilizzare le nostre armi all’interno del territorio ucraino”.
Di traverso si è messo anche il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjárto, il quale ha osservato che “si tratta di una questione strettamente bilaterale con l’Ucraina, che non ha nulla a che fare con l’Ue”. Al vertice dei ministri Ue Szijjárto ha rimproverato alla Commissione europea il silenzio assoluto sulla decisione di chiudere l’afflusso di gas russo, cosa che penalizza innanzitutto Ungheria e Slovacchia, per cui ha fatto saltare un nuovo pacchetto di 6 miliardi di euro di aiuti europei all’Ucraina.