di Giovanni Caprara –
Un F-35B Lightning II Joint Strike Fighter britannico, decollato dalla portaerei HMS Queen Elizabeth e con identificativo ottico R08, si è schiantato nel Mediterraneo mercoledì 17 novembre alle h 10.00 (GMT). Il pilota, dopo essersi eiettato, è stato riportato in sicurezza a bordo dell’unità di superficie. L’esercitazione, congiunta con alleati e partners, era l’ultima prevista prima del rientro in patria del Carrier Strike Group 21, che ha operato anche nelle acque antistanti il Giappone e la Corea del Sud. Il principale obiettivo di questa missione, iniziata 22 maggio con otto F-35B del 617mo squadrone della Royal Air Force “The Dambusters” e 10 F-35B della marina, era di aumentare la presenza globale della Royal Navy e affermare la capacità operativa della HMS Queen Elizabeth al suo dispiegamento inaugurale. A bordo erano imbarcati anche i “Wake Island Avengers” dello squadrone d’attacco dei caccia da combattimento degli Stati Uniti appartenenti al 211mo VMFA. A giugno gli F-35 della Queen Elizabeth hanno effettuato missioni di combattimento in Medio Oriente contro il Daesh, la prima operazione ad alta conflittualità per una portaerei britannica in oltre un decennio.
La priorità, non solo per il Regno Unito ma per la NATO, è recuperare il relitto. Ovviamente per la scatola nera al fine di comprendere le cause dell’incidente, ma soprattutto a evitare che il velivolo possa essere raggiunto prima ed esaminato da Russia o Cina, che verrebbero a conoscenza dei segreti tecnici classificati del caccia di 5a generazione, tra i più avanzati mai costruiti. In particolare scoprire la filosofia costruttiva della bassa visibilità ai radar che consente al velivolo di penetrare le A2/AD, anti-access/area denial, e superare le bolle di difesa avversarie furtivamente. Questo sarebbe un danno ingente per la sicurezza dell’Alleanza Atlantica.
In base a indiscrezioni, non confermate dalla Difesa britannica, sembrerebbe che la causa dell’incidente potrebbe essere imputata alla mancata rimozione della protezione antipioggia del cacciabombardiere. La copertura sarebbe stata risucchiata nel motore del velivolo mentre decollava dal ponte di volo dell’HMS Queen Elizabeth, costringendo il pilota a espellersi. Inoltre pare che il personale della Royal Navy si sia reso conto immediatamente della mancanza, in quanto le regole sulla rimozione dei coperchi ai motori prima del volo sono rigorosissime. Il pilota ha tentato di abortire il decollo, ma si è scostato dalla pista e ha dovuto espellersi, tant’è che il paracadute si è impigliato nelle sovrastrutture della portaerei. La rimozione delle protezioni applicate agli ugelli di scarico dei motori è anche verificata dai piloti stessi, che prima di entrare nella cabina di pilotaggio, fanno un giro di controllo intorno al velivolo.
La corsa contro il tempo per tornare in possesso del caccia è già iniziata con l’invio sul luogo dell’incidente di una unità statunitense appositamente studiata per la ricerca e recupero sottomarino, ma non è escluso che anche Russia e Cina si stiano organizzando a perseguire lo stesso scopo, in particolare la prima, che ha seguito con aerei spia e unità di superficie la crociera della portaerei britannica.