di Giuseppe Gagliano –
La recente legge ungherese sulla sovranità, che vieta i finanziamenti esteri a partiti e gruppi elettorali e che in caso di violazione prevede pene severe, ha suscitato forti critiche da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. La legge, approvata nel dicembre 2023, ha istituito il Sovereignty Protection Office per monitorare i rischi di interferenza politica straniera, ma il suo recente uso per indagare su Transparency International e Atlatszo.hu ha sollevato preoccupazioni.
Gli Stati Uniti hanno definito queste misure draconiane e antidemocratiche, accusando il governo ungherese di molestare e intimidire le organizzazioni indipendenti, violando i principi di governance democratica e stato di diritto. Anche l’Unione Europea e il Consiglio d’Europa hanno espresso preoccupazioni simili, affermando che la legge potrebbe avere un effetto paralizzante sul dibattito libero e democratico.
Il governo ungherese, rappresentato dal direttore politico dell’ufficio del primo ministro Viktor Orban, ha respinto le critiche, sostenendo che la legge mira a combattere l’interferenza straniera attraverso la trasparenza e rafforzare la fiducia dei cittadini nella democrazia. Tuttavia le relazioni tra Budapest e Washington sono tese, complicate dall’inerzia dell’Ungheria sulla ratifica dell’adesione della Svezia alla NATO e dai legami di Orbán con Mosca. L’ambasciatore degli Stati Uniti in Ungheria ha recentemente criticato il governo nazionalista di Orban per i suoi stretti legami con la Cina e per le politiche discriminatorie contro la minoranza gay e trans. Questi sviluppi riflettono una crescente preoccupazione internazionale per la direzione democratica dell’Ungheria e la sua politica estera, evidenziando il delicato equilibrio tra sovranità nazionale e responsabilità democratica in un contesto geopolitico sempre più complesso.