Ungheria. La Commissione europea è pronta a procedure d’infrazione per il caso Salis

di Mariarita Cupersito

La situazione delle carceri in Ungheria arriva all’attenzione della Commissione europea a seguito della diffusione delle immagini della cittadina italiana Ilaria Salis, mostrata in catene durante un’udienza in tribunale.
La donna, un’insegnante 39enne di Monza detenuta a Budapest da 11 mesi, è accusata di aver partecipato all’aggressione di due neonazisti e la Procura ha chiesto per lei la condanna a 11 anni di carcere.
Nell’Unione Europea sono in vigore “standard minimi” di trattamento dei detenuti in attesa di giudizio, i quali proibiscono di “presentare sospettati e accusati come colpevoli in Tribunale o in pubblico, attraverso l’uso di misure di restrizione fisica”.
“La priorità della Commissione è assicurarsi che questi diritti vengano rispettati in maniera corretta ed efficace nella pratica dagli Stati membri”, ha dichiarato la commissaria europea ai Servizi finanziari Mairead McGuinness, che rappresenta la Commissione a Strasburgo nel dibattito sul caso. “Se necessario la Commissione non esiterà a lanciare procedure di infrazione, se riscontrerà violazioni del diritto Ue”.
L’Unione, prosegue la commissaria, ha emanato varie direttive in tema di procedura penale che “stabiliscono standard minimi per processi giusti. Questi diritti includono il diritto ad avere un interprete e la traduzione, il diritto di informazione e di accesso ai materiali del caso, in particolare quelli essenziali per fare appello con efficacia contro l’arresto o la detenzione, come pure la presunzione di innocenza. La Commissione è al corrente dei contatti bilaterali che hanno luogo tra Italia e Ungheria: hanno discusso la possibilità di misure alternative alla detenzione della signora Salis, inclusa la possibilità degli arresti domiciliari, mentre attende il processo. Questo sarebbe in linea le conclusioni del Consiglio sulle misure alternative alla detenzione adottate durante la presidenza finlandese del 2019. Tali conclusioni sottolineano che misure e sanzioni non detentive dovrebbero essere valutate, se appropriate alle circostanze del caso”, conclude la McGuinness, confermando che Bruxelles è “disponibile ad aiutare a trovare una soluzione praticabile nel quadro dell’Ue”.
In Italia intanto, i familiari della Salis accusano il governo Meloni di non fare adeguate pressioni sulle autorità ungheresi.
“Non vediamo nessuna azione che possa migliorare la situazione, siamo stati completamente lasciati da soli”, ha dichiarato il padre di Ilaria, Roberto Salis, dopo l’incontro il ministro della Giustizia Carlo Nordio. “Abbiamo chiesto due cose, ci sono state negate. Credo che mia figlia starà molto tempo in galera e la vedremo ancora in catene ai processi”, ha concluso Salis, secondo quanto riportato da ANSA.
Il sistema giudiziario e detentivo ungherese risulta già da tempo non adeguato agli standard Ue, e il mandato del primo ministro di estrema destra Viktor Orban non ha migliorato la situazione; buona parte delle richieste rivolte all’Ungheria dall’Ue e da diverse organizzazioni internazionali allo scopo di rafforzare il sistema giudiziario e le condizioni nelle carceri, all’esito di rapporti internazionali che ne testimoniavano le preoccupanti condizioni, sono cadute nel vuoto.
Secondo l’Annuario statistico del ministero degli Esteri, come riportato da Wired, oltre alla Salis e ad altri casi che hanno avuto forte risonanza mediatica, sono circa 2mila le persone di cittadinanza italiana che si trovano attualmente nelle carceri di Paesi esteri, di cui la maggior parte in Germania.
Se le condizioni di detenzione risultano spesso essere disumane in molte carceri da varie parti del mondo, l’Italia stessa versa in una situazione di grave sovraffollamento che le è valsa la condanna della Corte europea dei diritti dell’Uomo sia nel 2009 che nel 2013. Prosegue inoltre il preoccupante trend dei suicidi in carcere, che da inizio 2024 risultano essere nel nostro Paese già 15, con quasi un suicidio ogni due giorni. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato al Quirinale il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il pm antimafia Giovanni Russo, per un colloquio in cui ha espresso tutta la sua preoccupazione al riguardo.
All’urgenza di garantire condizioni dignitose di detenzione e la tutela dei diritti umani nelle carceri si somma dunque la necessità, sul piano europeo, del rispetto dello Stato di diritto tra i Paesi membri dell’Unione e dell’effettiva applicazione degli standard minimi di trattamento dei detenuti.