Ungheria. Orban accusa Kiev, ‘sabotaggio del referendum sull’adesione dell’Ucraina all’Ue’

di Giuseppe Gagliano

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha puntato il dito contro Kiev, denunciando un’ingerenza senza precedenti negli affari interni di Budapest. Secondo Orban, l’Ucraina avrebbe orchestrato una campagna coordinata per screditare l’Ungheria, con l’obiettivo di sabotare un sondaggio nazionale sull’adesione di Kiev all’Unione Europea. Un’operazione che, nelle parole del premier, vedrebbe la complicità di un partito d’opposizione ungherese, probabilmente Tisza, guidato da Peter Magyar, figura che non nasconde le sue ambizioni di rompere l’isolamento internazionale di Budapest. Magyar, che nel luglio 2024 ha visitato Kiev raccogliendo fondi per aiuti umanitari, è visto da Orban come un alleato degli interessi ucraini, pronto a sfruttare i contatti con Kiev per destabilizzare il governo ungherese in vista delle elezioni del 2026. “Un’operazione speciale dei servizi segreti ucraini”, l’ha definita Orban, parlando di un attacco non solo politico, ma anche alle Forze di Difesa ungheresi, condotto con il supporto di un politico interno. Parole che pesano come macigni, in un contesto di tensioni crescenti tra i due Paesi, segnato da accuse reciproche di spionaggio e tradimento.
Il casus belli è il sondaggio annunciato da Budapest, una consultazione popolare non vincolante per chiedere agli ungheresi se appoggiano l’ingresso dell’Ucraina nell’UE. Orban, che da anni si oppone all’allargamento europeo a Kiev, considera il referendum un atto di sovranità nazionale: “Né Bruxelles né Kiev possono decidere per il popolo ungherese”, ha dichiarato. Ma il Kyiv Independent, voce autorevole dell’informazione ucraina, critica l’iniziativa, ricordando come i sondaggi di Orban siano spesso manipolativi, con domande formulate per orientare le risposte. Un esempio? La consultazione del 2023 sulla politica migratoria UE, che chiedeva agli ungheresi se volessero “ghetti per migranti” nel loro Paese: solo il 20% partecipò, ma il 99% votò no. Per Kiev, l’accusa di ingerenza è una mossa di Budapest per distogliere l’attenzione da un episodio ben più grave: il presunto smantellamento di una rete di spionaggio ungherese nell’oblast di Zakarpattia, regione ucraina al confine con l’Ungheria, abitata da una significativa minoranza etnica ungherese.
L’operazione, resa pubblica dal Servizio di Sicurezza ucraino (SBU) il 9 maggio 2025, ha portato all’arresto di due ex militari ucraini, accusati di raccogliere informazioni sensibili per l’intelligence militare ungherese. Secondo l’SBU, la rete, guidata da un ufficiale di Budapest, aveva compiti precisi: mappare le difese aeree e terrestri ucraine, individuare vulnerabilità strategiche e sondare gli umori della popolazione locale, immaginando persino scenari di un’ipotetica incursione ungherese. Uno dei sospetti, un uomo di 40 anni originario di Berehove, sarebbe stato reclutato nel 2021 e “attivato” nel settembre 2024, con il compito di localizzare sistemi S-300 e monitorare i movimenti delle forze ucraine. L’altro, una donna, ex membro delle forze di sicurezza, avrebbe fornito dati sugli asset aerei della regione. Entrambi rischiano l’ergastolo per alto tradimento, mentre le loro residenze sono state perquisite, con il sequestro di telefoni e dispositivi per comunicazioni criptate. L’SBU sottolinea la gravità del caso: è la prima volta che un’operazione di spionaggio di un Paese NATO, l’Ungheria, viene scoperta in Ucraina.
La risposta di Budapest non si è fatta attendere. Il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha liquidato le accuse come “propaganda ucraina”, sostenendo che l’Ungheria non ha ricevuto comunicazioni ufficiali da Kiev. In un’escalation diplomatica, Budapest ha espulso due diplomatici ucraini, accusati di essere spie sotto copertura, spingendo Kiev a rispondere con l’espulsione di due diplomatici ungheresi. Szijjarto ha poi alzato i toni, collegando le accuse al rifiuto di Budapest di fornire aiuti militari all’Ucraina e al suo mantenimento di rapporti cordiali con Mosca. Orban, d’altronde, è da tempo il leader più filorusso dell’UE, opponendosi a sanzioni contro il Cremlino e rallentando gli aiuti a Kiev, mentre promuove una narrazione nazionalista che guarda con nostalgia ai territori perduti dopo la Prima Guerra Mondiale, come la Zakarpattia, un tempo parte dell’Impero austro-ungarico.
La Zakarpattia è il cuore del problema. Con circa 150mila ungheresi etnici, la regione è un punto di attrito storico. Budapest accusa Kiev di discriminare la minoranza ungherese, limitandone i diritti linguistici e culturali, mentre Kiev denuncia le politiche di Budapest, come la distribuzione di passaporti ungheresi agli etnici ungheresi, come un’ingerenza nella sua sovranità. Il caso della rete di spionaggio, se confermato, aggraverebbe queste tensioni, suggerendo che l’Ungheria non si limiti a pressioni politiche, ma persegua obiettivi più ambiziosi, forse con l’intento di destabilizzare una regione strategicamente vicina al confine NATO. L’ex ministro della Difesa britannico Ben Wallace, intervistato dalla BBC, ha definito l’episodio “estremamente serio”, sollevando dubbi su chi possa essere il vero destinatario delle informazioni raccolte: Budapest o, indirettamente, Mosca?
In questo gioco di specchi, la verità è sfuggente. Orban usa l’accusa di ingerenza ucraina per compattare il fronte interno, dipingendo Tisza e Magyar come traditori al soldo di potenze straniere. Kiev, dal canto suo, sfrutta il caso dello spionaggio per denunciare le ambiguità di un alleato NATO che sembra giocare su più tavoli. La Zakarpattia, con la sua complessità etnica e geopolitica, resta un terreno minato, dove ogni mossa rischia di innescare reazioni a catena. Mentre Budapest e Kiev si scambiano accuse, l’Europa osserva, divisa tra il sostegno all’Ucraina e la necessità di gestire un membro scomodo come l’Ungheria di Orban. In un’epoca di guerra e sfiducia, la frontiera tra alleati e rivali si fa sempre più sfumata, e la Zakarpattia, con i suoi fantasmi storici, diventa lo specchio di un continente che fatica a trovare unità.