Usa. Ebury: il dollaro si rafforza dopo l’ampia vittoria elettorale di Trump

Ebury *

Il dollaro USA si è rafforzato contro quasi tutte le valute del mondo durante la notte, mentre gli investitori assimilano la notizia della grande performance di Donald Trump.

Fino al giorno prima delle elezioni regnava tra i mercati una convinzione generale che le elezioni di quest’anno sarebbero state le più combattute della storia. In realtà, però, queste aspettative si sono rivelate ampiamente disattese. Come già accaduto nel 2016 e nel 2020, sia i sondaggi di opinione che i modelli di previsione hanno nuovamente sottostimato il sostegno dei repubblicani, con Trump che non solo ha ottenuto una grande vittoria nel collegio elettorale, ma anche una vittoria assoluta nel voto popolare.
La vittoria di Trump ha iniziato a essere prezzata relativamente presto nella notte, poiché i primi risultati indicavano che i repubblicani avevano ancora una volta ottenuto risultati migliori del previsto. Il rally del dollaro è cresciuto con l’avanzare della notte, poiché i primi risultati hanno mostrato che Trump stava ottenendo buoni risultati negli Stati chiave, fondamentali per la vittoria nel sistema dei collegi elettorali. In effetti, già intorno alle 4:30 italiane, i bookmakers davano una probabilità di vittoria di Trump superiore al 90% con un crollo della coppia EUR/USD intorno al livello di 1,07.
Man mano che i risultati negli Stati in bilico continuavano ad arrivare, è diventata chiaramente evidente l’impossibilità di una vittoria per Kamala Harris e i Democratici. La Carolina del Nord (5:40 CET) e la Georgia (6:37) sono stati i primi dei sette Stati decisivi a essere dichiarati e, a quel punto, Trump era in vantaggio in tutti gli altri Stati, rendendo la sua vittoria praticamente assicurata. Probabilmente il colpo finale per Harris è giunto poco dopo le nostro 8 del mattino, quando la Pennsylvania, ritenuta il principale campo di battaglia, è stata proclamata territorio repubblicano.
I mercati valutari hanno reagito in linea con le nostre aspettative prima delle elezioni, con il dollaro che ha guadagnato terreno nei confronti di quasi tutte le valute a livello globale, non appena è apparsa chiara la vittoria di Trump. L’euro è stato il peggiore tra le valute principali, in quanto gli investitori si sono preoccupati delle onerose tariffe europee e di un maggiore rischio per la sicurezza. Lo yen giapponese, pur essendo un tradizionale bene rifugio, è molto esposto alla prospettiva di un ampliamento dei differenziali di tasso con gli Stati Uniti. Come avevamo previsto, la sterlina ha registrato una performance leggermente migliore rispetto alla moneta comune, in parte grazie alla sua minore esposizione alla domanda globale. Il dollaro australiano e quello neozelandese, le due economie del G10 che consideriamo più esposte alla domanda cinese, hanno inizialmente sottoperformato, prima di recuperare terreno.
Le valute dei mercati emergenti hanno subito le conseguenze del sell-off. Come nel 2016, il peso messicano (-2,5%) ha guidato il trend negativo, il che non sorprende vista la retorica ostile di Trump nei confronti della nazione latinoamericana, che probabilmente sarà colpita da pesanti tasse sulle importazioni. Anche le valute dell’Europa centrale e orientale sono state colpite, sempre in parte a causa dei timori sulla sicurezza europea e del sell-off di EUR/USD. Il fiorino ungherese ad alto rischio (-2,0%) è stato il più debole della regione, mentre lo zloty polacco (-1,9%) e la corona ceca (-1,8%) hanno registrato un forte calo.
Abbiamo assistito ad un aggressivo indebolimento delle valute asiatiche, in particolare di quelle che hanno i legami commerciali più stretti con la Cina, in particolare il baht thailandese (-1,8%) e il ringgit malese (-1,4%). Una delle principali conseguenze di un secondo mandato di Trump alla Casa Bianca sarà il ritorno alle sue politiche protezionistiche, e i mercati si preparano sicuramente a una crescita più debole dell’economia cinese, visto il suo piano di imporre tariffe del 60% sulle importazioni dalla più grande economia asiatica. Lo yuan ha resistito meglio dei suoi omologhi (-0,8%). Anche in questo caso non c’è da stupirsi, visto che le autorità cinesi tengono sotto stretto controllo la valuta, limitando i movimenti in entrambe le direzioni.
Oltre al voto presidenziale, gli americani si sono recati alle urne anche per decidere la composizione del Congresso, il governo degli Stati Uniti composto dal Senato e dalla Camera. Si tratta di un voto molto importante per il presidente entrante, in quanto determina la sua capacità di attuare cambiamenti politici, in particolare sul fronte interno. In questo caso, i repubblicani sono riusciti a riprendere il controllo del Senato, come era quasi universalmente previsto. La corsa per la Camera è stata molto più combattuta, anche se sembra che sia destinata ad andare a favore dei repubblicani con i risultati ancora da dichiarare (attualmente 93% di probabilità secondo Polymarket).

Cosa c’è dietro il rally del dollaro USA?
Come abbiamo sottolineato prima delle elezioni, i mercati sono nettamente convinti che un’altra presidenza di Donald Trump rappresenti una svolta rialzista per il dollaro USA. Riteniamo che ciò sia in gran parte una conseguenza di quanto segue:
La volontà di Trump a ridurre le aliquote fiscali negli Stati Uniti. Le proposte di ampi tagli fiscali del presidente Trump, che hanno molte più probabilità di passare con una vittoria netta del Partito Repubblicano, sono viste come in grado di sollevare la crescita degli Stati Uniti a breve termine, portando al contempo a un aumento dell’inflazione e, cosa più importante per i mercati, a un aumento dei tassi di interesse della Federal Reserve.
Un maggiore protezionismo significa un aumento delle tariffe statunitensi, in particolare nei confronti di Cina ed Europa. L’implicazione è che queste tariffe potrebbero essere un precursore di una crescita globale più debole sotto Donald Trump. Questo scenario vedrebbe gli investitori favorire gli asset a basso rischio, tra cui il dollaro stesso, a scapito delle valute a più alto rischio, in particolare quelle che sono fortemente esposte al ciclo economico globale.
Un altro mandato Trump potrebbe garantire una maggiore incertezza geopolitica, anch’essa non favorevole alla propensione al rischio. Il sostegno all’Ucraina non è garantito, né Trump ha una visione particolarmente favorevole della NATO.

Cosa possiamo aspettarci dai mercati valutari nei prossimi giorni?
Finora, forse, potremmo affermare che i movimenti del mercato valutario sono stati in qualche modo contenuti rispetto alle aspettative. È ancora presto, tuttavia, e ci aspettiamo che la volatilità rimanga elevata nelle prossime session, mentre gli investitori si posizionano in previsione di un’altra presidenza Trump. Questo potrebbe significare un nuovo ribasso degli asset di rischio e un’altra ondata di forza del dollaro, in particolare se la Federal Reserve dovesse accennare ai mercati, durante le prossime riunioni politiche, potenzialmente giovedì, che l’esito delle elezioni potrebbe rallentare il ritmo del ciclo di tagli della Federal Reserve.
Biden sarà presidente fino all’inizio del prossimo anno, mentre per l’insediamento di Trump bisognerà attendere il 20 gennaio 2025. Nel frattempo, la sua retorica sarà tenuta sotto stretta osservazione dagli operatori di mercato. Un commento che ribadisca le sue minacce di tariffe e tagli fiscali potrebbe esercitare un’ulteriore pressione al rialzo sul biglietto verde, in quanto gli investitori prevedono una crescita globale più debole e un aumento dei tassi d’interesse della Federal Reserve.

* Ebury, società fintech specializzata in pagamenti e incassi internazionali, soluzioni di gestione del rischio cambio e finanziamenti all’importazione.