di C. Alessandro Mauceri –
La macchina di morte della giustizia statunitense non si ferma neanche a pochi giorni dal definitivo insediamento del nuovo presidente Joe Biden: nel carcere di Terre Haute, in Indiana, è stata eseguita la condanna a morte mediante iniezione letale di Lisa Montgomery. Nel 2007 era stata condannata a morte da un tribunale del Missouri che l’ha giudicata colpevole di aver ucciso una donna nel 2004,per rubarle il feto. La Montgomery, che non poteva avere figli, avrebbe strangolato Bobbie Jo Stinnett, un’allevatrice di cani ventitreenne e le avrebbe poi squarciato il ventre per estrarre il feto di otto mesi (la bambina, sopravvissuta, vive oggi con il padre naturale).
Sulla sentenza, come su molte altre, permangono ombre. La Corte suprema aveva respinto i ricorsi degli avvocati della cinquantaduenne Montgomery, i quali affermavano che la loro assistita, al momento dell’omicidio, era incapace di intendere e di volere a causa delle violenze subite da bambina e pertanto, nonostante la crudeltà dell’omicidio, non punibile con la pena capitale. Per questo nei giorni scorsi un giudice federale aveva ordinato di sospendere l’esecuzione. Ma la Corte suprema ha dato nuovamente ragione al dipartimento di Giustizia, che aveva fatto ricorso contro la sospensione.
Non sono questi gli unici motivi per cui questa esecuzione ha destato scalpore: la Montgomery è la prima donna condannata a morte negli Stati Uniti da settant’anni, dal 1953.
La scia di sangue del boia, negli USA, non sembra avere fine: altre due persone, rinchiuse nel braccio della morte, sono in attesa di essere giustiziate. Per loro c’è forse ancora un barlume di speranza. Il giudice federale del District of Columbia ha bloccato le esecuzioni di Corey Johnson (condannato per l’omicidio di sette persone in Virginia) e Dustin Higgs (accusato di ordinato l’uccisione di tre donne in Maryland). Sebbene programmate prima dell’insediamento il 20 gennaio del presidente eletto Joe Biden, contrario alla pena di morte, la speranza è che questa proroga possa essere il primo passo per scrivere la parola fine alla pratica delle esecuzioni federali negli Stati Uniti d’America.