Usa. I rapporti di Washington in Oceania con le nazioni insulari del Pacifico in chiave anti-cinese

di Alberto Galvi

Negli ultimi decenni gli Stati Uniti hanno affidato all’Australia e alla Nuova Zelanda la propria politica estera in Oceania nei confronti delle nazioni insulari del Pacifico, ma questo dovrà cambiare perché potrebbe diventare un elemento critico per la comprensione delle mutevoli dinamiche tra questi piccoli Stati al fine di garantire un Indo-Pacifico libero e aperto.
Gli Stati Uniti hanno attuato dalla Seconda guerra mondiale una divisione artificiale e informale di sorveglianza strategica delle Isole del Pacifico condividendola con i suoi due partner regionali, Australia e Nuova Zelanda. La vasta regione è suddivisa in tre zone: Micronesia, Melanesia e Polinesia.
Nella regione della Micronesia del Pacifico settentrionale ci sono tre paesi indipendenti, ovvero Stati federati di Micronesia, le Isole Marshall e Palau, sono strettamente legati agli Stati Uniti attraverso i patti di libera associazione.
Le altre due regioni sono la Melanesia e la Polinesia. La prima è politicamente divisa in quattro Stati: Figi, Isole Salomone, Papua Nuova Guinea e Vanuatu, ma vi è anche la Nuova Caledonia, territorio d’oltremare della Francia. La seconda è un insieme di Isole appartenenti a nazioni diverse: Stati Uniti, Regno Unito, Nuova Zelanda, Cile, Kiribati, Tonga, Tuvalu e Isole Samoa, paesi perlopiù ignorati dai politici statunitensi secondo l’intesa che Canberra e Wellington si assumessero la responsabilità per la loro sicurezza.
Nonostante l’Australia e la Nuova Zelanda siano due dei partner più affidabili degli Stati Uniti, nel Pacifico gli interessi degli Stati Uniti sono in crescente concorrenza con quelli di Pechino.
La Cina si è mossa seriamente per impegnarsi con l’Oceania, colmando una lacuna strategica come si vede dalla crescente influenza di Pechino a Kiribati, la quale ha interrotto il riconoscimento diplomatico di Taiwan due anni fa e ha stabilito relazioni con Pechino.
Gli Stati Uniti stanno cercando invece di ottenere un punto d’appoggio in questi Stati attraverso ambasciate e consolati come nelle Isole Salomone, Papua Nuova Guinea e Vanuatu, dopo averli ampiamente ignorati per decenni.
Dovrebbe essere infatti una priorità del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti dopo i recenti disordini nelle Isole Salomone di mantenere relazioni bilaterali forti e indipendenti con ciascuna Isola indipendente del Pacifico, attraverso richieste di finanziamenti, personale e supporto istituzionale.
L’amministrazione Biden dovrebbe avviare discussioni immediate con tre Stati particolarmente vulnerabili alla coercizione economica e militare cinese: Nauru, Tuvalu e Kiribati. L’interesse di Washington si concretizza attraverso i Compacts of Free Association, che sono una serie di trattati tra gli Stati Uniti e gli Stati Federati di Micronesia, Palau e le Isole Marshall.