di Domenico Maceri * –
SAN LUIS OBISPO (Usa). Robert Mueller, il procuratore dello scandalo denominato Russiagate, non incriminò Donald Trump nel 2019. Mueller però non esonerò il presidente da 11 episodi di possibile ostruzione alla giustizia. Non lo incriminò perché una normativa del Dipartimento di giustizia vieta l’imputazione di un presidente in carica. Il procuratore Jack Smith invece incriminò Trump nel 2023 quando questi era fuori dalla Casa Bianca per avere incitato gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio del 2021 e per avere mantenuto in suo possesso documenti top secret che appartenevano al governo. Adesso, con la rielezione di Trump, Smith ha dovuto seguire la strada di Mueller e ha fatto archiviare i due casi, considerando l’imminente insediamento del neo eletto presidente.
Nella sua richiesta di archiviare l’incriminazione alla Giudice Tanya Chutkan, Smith ha riconosciuto l’immunità di un presidente in carica. Il procuratore speciale ha però aggiunto che la sua richiesta è fatta “without prejudice” (senza pregiudizio), senza nessun dubbio sul merito o la forza del caso. In effetti esisterebbe la remotissima possibilità che Trump potrebbe subirne le conseguenze una volta compiuto il suo mandato nel 2029.
La strategia del neo eletto presidente nei suoi processi è sempre stata di ritardare in tutti i modi possibili. Nei tre casi in cui ciò gli è risultato impossibile, due civili, e uno penale, è stato condannato. Tutti questi tre processi si sono svolti nello Stato di New York. Nel primo caso civile Trump è stato condannato per frode fiscale con una sentenza di pagare quasi 500 milioni di dollari. Nel secondo caso civile è stato condannato di aggressione sessuale e poi di diffamazione alla giornalista E. Jean Carroll con una sentenza di circa 90 milioni di dollari. Nel caso penale su illeciti elettorali nei pagamenti alla pornostar Stormy Daniels, Trump è stato condannato a 34 capi di accusa. La sentenza è stata ritardata in parte per l’immunità presidenziale che la Corte suprema aveva dichiarato disponibile ai presidenti nei loro atti ufficiali nel mese di luglio di quest’anno. Con il recente esito elettorale favorevole a Trump il giudice Juan Merchan ha accolto la richiesta di rimandare la sentenza con data da determinare. Rimane un altro caso statale nella Georgia per gli sforzi di Trump di ribaltare l’esito elettorale nel 2020. Anche questo caso appare in limbo e non sorprenderebbe se il 47esimo presidente la facesse franca in qualche modo. Di certo non ci sarà un processo nei prossimi quattro anni.
Quando Smith parla del merito del caso bisogna credergli come ci dimostrano altri individui che sono stati processati o hanno subito conseguenze legali per i loro sforzi di avere assistito Trump a ribaltare l’elezione del 2020. Parecchie centinaia di individui che hanno partecipato agli assalti del Campidoglio il 6 gennaio 2021 sono già in carcere, alcuni di loro con sentenze di una ventina di anni. Parecchi avvocati di Trump hanno perso la licenza di esercitare la loro professione. Uno dei casi più noti è quello di Rudy Giuliani, già avvocato personale di Trump, che ha perso la causa di diffamazione a due dipendenti dell’ufficio elettorale in Georgia. Giuliani è stato sentenziato a pagare 148 milioni di dollari. L’ex sindaco di New York ha fatto bancarotta e dopo una recente audizione in un tribunale ha spiegato ai giornalisti che non ha nemmeno i soldi per pagarsi un tassì.
Nonostante l’archiviazione dei casi federali richiesti da Smith gli rimangono alcune carte da giocare. Nel caso di incriminazione a Trump sono inclusi 6 individui che avrebbero collaborato con Trump. Non sono stati incriminati e Smith potrebbe farlo anche se il processo potrebbe non avvenire mai poiché la nuova procuratrice generale nominata da Trump, Pam Bondi, potrebbe spazzarlo via. Smith però avrebbe anche il compito di produrre un rapporto come ha fatto Mueller nel caso di Russiagate. Questo rapporto potrebbe includere le sue ragioni del merito del caso anche se escluderebbe dettagli considerati top secret. Il rapporto andrebbe consegnato all’attuale procuratore generale Merrick Garland che potrebbe renderlo pubblico ma probabilmente consulterebbe con l’attuale presidente Joe Biden per raggiungere una decisione finale.
Il governo ha speso milioni di dollari nelle indagini condotte da Smith e i cittadini avrebbero il diritto di avere un’idea chiara delle sue ragioni per avere incriminato Trump. Senza un rapporto pubblico che chiarisca le sue ragioni Smith sembrerebbe avere fatto cilecca.
Comunque andrà a finire sappiamo che Trump con la sua strategia di rinviare le procedure giudiziarie è riuscito ad evitare una possibile condanna federale. A differenza di altri accusati il neo eletto presidente è riuscito a convincere il 49 percento degli americani non solo ad ignorare le condanne civili e criminali nello Stato di New York ma anche a farsi eleggere presidente. Con l’immunità della Corte Suprema conferita ai presidenti nei loro atti ufficiali Trump si sentirà libero di agire con moltissima libertà e sfidare di nuovo le leggi. Lawrence O’Donnell della Msnbc ha centrato il bersaglio della situazione in un suo recente programma. O’Donnell ha detto che “nessuno è al di sopra della legge è risultato un mito durato 248 anni”. Adesso però, ha concluso O’Donnell, sappiamo che “un uomo è al di sopra della legge”. Difficile dargli torto.
* Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.