di Giuseppe Gagliano –
Nel recente incontro del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov con il collega statunitense Marco Rubio, svoltosi a Riad, non si è parlato meramente di pace in Ucraina, ma anche di una ripresa vera e propria dei rapporti bilaterali tra Russia e Stati Uniti, a scapito di un’Ue attonita.
Kirill Dmitriev, direttore del Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF), ha chiarito i termini di una delle proposte: progetti congiunti nell’Artico per sfruttare le sue immense risorse energetiche, un’area che rappresenta una frontiera cruciale per entrambi i Paesi. Dmitriev ha ricordato come le sanzioni abbiano costretto le compagnie petrolifere americane, tra cui ExxonMobil, Halliburton, Schlumberger e Baker Hughes, a rinunciare a operazioni redditizie in Russia, con perdite stimate in 300 miliardi di dollari. “Le aziende americane torneranno, perché dovrebbero rinunciare a queste opportunità?”, ha dichiarato, suggerendo un interesse condiviso a superare le barriere economiche imposte dal conflitto ucraino.
La proposta include anche una richiesta implicita: lo sblocco dei beni russi congelati, tra cui 6 miliardi di dollari investiti in attività americane e oltre 200 miliardi bloccati in Europa. Per Mosca, si tratta di un tentativo di recuperare risorse finanziarie vitali, mentre per Washington potrebbe rappresentare un’occasione per rilanciare l’influenza delle sue compagnie energetiche in una regione strategica, riducendo al contempo la dipendenza europea dal gas russo.
L’apertura russa arriva in un momento delicato. La guerra in Ucraina, iniziata nel 2022, ha ridefinito gli equilibri globali, spingendo gli Stati Uniti e i loro alleati a imporre sanzioni senza precedenti e l’Europa a cercare alternative energetiche. Tuttavia la nomina di Marco Rubio, noto per il suo approccio pragmatico, e il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, con la promessa di un cessate-il-fuoco entro Pasqua, suggeriscono una possibile distensione. Rubio ha ribadito agli alleati europei che le sanzioni resteranno fino a un accordo di pace, ma ha aperto alla possibilità di “concessioni reciproche”, un segnale che Washington potrebbe essere disposta a negoziare.
Nel frattempo, Kiev ha respinto un memorandum statunitense sulle sue risorse naturali, presentato il 12 febbraio dal segretario al Tesoro Scott Bessent. Volodymyr Zelensky ha chiesto garanzie di sicurezza più solide, evidenziando il rischio che l’Ucraina diventi una pedina sacrificabile in un gioco più ampio tra superpotenze. Questo rifiuto complica ulteriormente il quadro, lasciando Mosca e Washington come protagoniste di un dialogo bilaterale che potrebbe escludere altri attori.
L’Artico, con le sue riserve di petrolio, gas e minerali rari, è da tempo al centro delle ambizioni geopolitiche di Russia e Stati Uniti. Mosca vanta la flotta di rompighiaccio più avanzata al mondo e considera la regione parte integrante della sua identità strategica, mentre Washington cerca di contrastare l’attivismo russo e cinese attraverso una presenza militare e infrastrutturale crescente. La proposta di cooperazione potrebbe trasformare l’Artico in un laboratorio di dialogo, ma il rischio di una competizione mascherata resta alto. La Russia, infatti, potrebbe sfruttare il tempo guadagnato per rafforzare la propria posizione, come suggerito da alcuni osservatori su X, mentre gli Stati Uniti potrebbero vedere nell’accordo un modo per contenere l’influenza cinese nella regione.
L’offerta di Mosca appare come una mossa astuta: da un lato, cerca di sfruttare il pragmatismo economico dell’amministrazione Trump per allentare l’isolamento internazionale; dall’altro, punta a consolidare il proprio ruolo di superpotenza energetica. Tuttavia, la strada verso una cooperazione stabile è disseminata di ostacoli. Le divergenti priorità – sicurezza per gli USA, sovranità per la Russia – e la diffidenza reciproca, alimentata da anni di confronto, rendono improbabile un’intesa profonda senza compromessi significativi. Inoltre, l’Europa, esclusa dai colloqui, potrebbe reagire con scetticismo, temendo un riavvicinamento che indebolisca la sua posizione strategica.
In definitiv, l’incontro di Riad rappresenta un segnale di realpolitik più che un vero disgelo. La cooperazione energetica nell’Artico potrebbe offrire benefici economici a entrambe le parti, ma il suo successo dipenderà dalla capacità di Mosca e Washington di superare un passato di rivalità e di gestire le pressioni interne ed esterne. Per ora, il dialogo resta un’ipotesi aperta, da monitorare con attenzione.