Usa. Ordine esecutivo di Trump: via dall’Oms

di Giuseppe Gagliano

Il presidente statunitense Donald Trump ha tolto con un decreto, un ordine esecutivo, gli Usa dall’Oms, l’organizzazione mondiale della Sanità. L’OMS, in realtà da sempre sotto attacco da parte di Trump per presunti favoritismi verso la Cina, diventa ora il capro espiatorio di una politica estera che oscilla tra isolazionismo e pugni sul tavolo. La pandemia di Covid-19 ha fatto emergere le fragilità dell’organizzazione, ma anche quelle di chi, come gli Stati Uniti, pretende di combattere una crisi globale senza un minimo di coordinamento internazionale.
Trump ha giustificato il ritiro con la solita retorica dell'”America First”, accusando l’OMS di essere una marionetta di Pechino. Nulla di nuovo, se non fosse che questa decisione rischia di isolare gli Stati Uniti proprio mentre la Cina si propone come attore sempre più influente nelle istituzioni internazionali. In altre parole, Trump consegna le chiavi dell’OMS a Xi Jinping, mentre si ritira con una sceneggiata che piace ai suoi elettori ma preoccupa il resto del mondo.
Il ritiro dall’OMS non è solo un problema di immagine, ma anche di sostanza. Gli Stati Uniti sono stati finora il principale contributore finanziario dell’organizzazione, e la loro uscita lascerà un vuoto che sarà difficile colmare. Le campagne sanitarie globali, dalla lotta alla malaria ai programmi di vaccinazione, potrebbero subire contraccolpi significativi, soprattutto nei Paesi più poveri.
Eppure per Trump tutto questo sembra secondario rispetto alla necessità di consolidare il consenso interno. La sua narrazione è semplice e diretta: “gli Stati Uniti non finanzieranno più un’organizzazione che non protegge i nostri interessi”. Peccato che i virus non conoscano confini, e che il collasso delle infrastrutture sanitarie globali possa avere ripercussioni anche sulla salute degli americani.
Se c’è un vincitore in questa vicenda, è senza dubbio la Cina. Mentre gli Stati Uniti si ritirano dal palcoscenico globale, Pechino rafforza la propria posizione come attore responsabile e promotore di soluzioni multilaterali. L’OMS, priva del contributo americano, sarà costretta a fare affidamento su altri finanziatori, con la Cina pronta a colmare il vuoto lasciato da Washington.
È un paradosso tutto trumpiano: nel tentativo di punire l’OMS per la sua presunta subordinazione a Pechino, Trump finisce per renderla ancora più dipendente da Xi Jinping. Una mossa strategica? Difficile dirlo. Quello che appare chiaro è che, nella sua ossessione di “fare a pezzi il sistema”, Trump rischia di indebolire gli stessi Stati Uniti.
La decisione di lasciare l’OMS arriva in un momento cruciale per la politica americana. Con un’elezione alle porte e un mandato segnato da divisioni interne e scandali internazionali, Trump sembra intenzionato a giocarsi tutte le carte del nazionalismo estremo. L’ordine esecutivo è tanto simbolico quanto pericoloso, un modo per distrarre l’opinione pubblica dalle sue inefficienze domestiche e dalla gestione disastrosa della pandemia.
Ma, come spesso accade, il simbolismo ha un prezzo. E in questo caso, il costo potrebbe essere pagato non solo dagli Stati Uniti, ma dal mondo intero. Perché, in un’epoca di crisi globali, il ritiro dalla cooperazione internazionale non è segno di forza, ma di debolezza. E, a lungo termine, le conseguenze potrebbero essere ben più gravi di quanto Trump e i suoi consiglieri siano in grado di immaginare.