Usa. Sanzioni del Tesoro verso esponenti ungheresi e serbi

di Giuseppe Gagliano

Che il diritto per gli States sia uno strumento di guerra non convenzionale lo hanno ampiamente illustrato nel corso di questi ultimi anni gli studiosi della scuola di guerra economica di Parigi. Recentemente gli Stati Uniti hanno sanzionato il capo del servizio di intelligence civile della Serbia Aleksandar Vulin attraverso l’Office of Foreign Asset Control (OFAC) del Dipartimento del Tesoro: il direttore dell’intelligence, già ministro degli Interni e Della difesa della Serbia, avrebbe avuto rapporti molto stretti con la criminalità organizzata, avrebbe commesso abuso ufficio, ma soprattutto avrebbe favorito la penetrazione russa in Serbia.
Gli Stati Uniti, e in particolare il Congresso, stanno prendendo di mira anche alcuni autorevoli esponenti dell’entourage del presidente ungherese Victor Orban, in particolare il consigliere presidenziale Antal Rogan, il portavoce presidenziale Zoltan Kovacs e Arpad Habony, uomo d’affari vicino al ministro della Difesa Kristof Szalay-Bobrovniczky. Quest’ultimo alla fine degli anni 2010 era già stato avvertito dal Tesoro Usa per la joint venture Transmashholding Hungary, posseduta sia da Szalay-Bobrovniczky che dalla società russa Transmash, questa sospetta di riciclare denaro. Ma il Tesoro di Washington ha messo sotto la sua lente accusatoria anche altri funzionari dell’entourage dell’attuale presidente ungherese, cioè il procuratore generale Peter Polt, l’ex consigliere di Orban e deputato di Fidesz Csaba Domotor, l’ex ministro della tecnologia e dell’innovazione Laszlo Palkovics, il direttore dei media filogovernativi Gabor Liszkay e il commentatore politico conservatore Miklos Szantho.
La cosa in realtà non deve sorprendere, dal momento che il 12 aprile il Tesoro si era mosso contro la Banca internazionale per gli investimenti con sede a Budapest, sospettata di essere uno strumento per riciclare il denaro proveniente dalla Russia.