Usa. TikTok: altro che ‘controllo dei cinesi’: di mezzo c’è Gaza

di Giuseppe Gagliano

Mentre il destino di TikTok negli Stati Uniti rimane in bilico, emergono nuove rivelazioni che gettano luce sulle reali motivazioni del Congresso nel promuovere la legge “divest-or-ban”. Se ufficialmente la misura è stata giustificata con la necessità di proteggere la sicurezza nazionale dai rischi connessi alla proprietà cinese dell’app, dietro le quinte i giochi di potere raccontano un’altra storia: la guerra a Gaza e la pressione delle lobby pro-Israele avrebbero avuto un ruolo determinante.
Secondo il giornalista Ken Klippenstein, il vero nodo della questione non risiede nelle solite preoccupazioni sulla raccolta dati da parte di Pechino, bensì nell’uso che le nuove generazioni fanno della piattaforma. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, i contenuti diffusi su TikTok hanno visto una crescente opposizione giovanile all’intervento militare israeliano a Gaza. Questo ha allarmato Washington, spingendo i legislatori ad agire.
Lo stesso senatore Mark Warner, uno dei primi a sostenere la necessità di un divieto, ha ammesso che le vere ragioni dietro la legge non sono mai state esplicitate del tutto. Anche Mike Gallagher, ex deputato ora passato a Palantir, ha riconosciuto il ruolo determinante delle pressioni israeliane, confermando come la diffusione di contenuti critici verso Tel Aviv abbia spinto il Congresso ad accelerare il procedimento legislativo.
Un documento riservato del ministero degli Esteri israeliano, riportato da NPR, accusa apertamente l’algoritmo di TikTok di influenzare negativamente i giovani americani, spingendoli a schierarsi contro Israele. Questa linea è stata poi ripresa in un briefing segreto del Dipartimento di Stato USA, nel quale il diplomatico israeliano Emmanuel Nahshon attribuisce il crescente dissenso giovanile alla piattaforma cinese.
A marzo 2023 un dossier di intelligence presentato al Congresso ha descritto TikTok come una minaccia diretta, fornendo la spinta decisiva per l’approvazione della legge anti-TikTok con un voto unanime (50-0).
Nonostante il divieto, TikTok è tornato disponibile su App Store e Google Play dopo settimane di incertezza. Il ripristino è stato reso possibile grazie all’intervento del procuratore generale Pam Bondi e del Dipartimento di Giustizia, che hanno assicurato Apple e Google contro eventuali sanzioni.
Ma questa apparente marcia indietro non significa che la battaglia sia finita. Trump ha concesso una finestra di 75 giorni per permettere un possibile compromesso, ma il futuro della piattaforma è ancora appeso a un filo. Il vero obiettivo rimane lo stesso: limitare la capacità dei giovani americani di informarsi liberamente sulla guerra in Medio Oriente.
La questione TikTok non è solo un problema di sicurezza nazionale o di guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina. È anche una battaglia per il controllo dell’informazione, dove le pressioni delle lobby influenzano le decisioni politiche più di quanto Washington voglia ammettere.