di Giuseppe Gagliano –
Usa. Il presidente eletto Donald Trump ha scelto come segretario alla Difesa Pete Hegseth, ex vederano di Afghanistan e Iraq ma soprattutto volto noto di Fox News. Con questa mossa Trump vuole significare l’immagine della forza muscolare del Paese, con scelte nette e spallate alle convenzioni internazionali. Non è una novità che Trump voglia far piazza pulita di tutto ciò che considera “woke” all’interno del Pentagono, accusando i vertici militari di essersi piegati alle pressioni progressiste e di aver così indebolito l’efficacia bellica degli Stati Uniti.
Hegseth è stato scelto non tanto per la sua esperienza militare, che pure non manca, ma per la sua capacità di incarnare e amplificare il messaggio politico trumpiano: l’America prima di tutto, e chi non è allineato può accomodarsi all’uscita. Questo è un uomo che non ha timore di criticare apertamente alleati storici come la NATO, dipingendoli come parassiti che approfittano della protezione americana senza fare la loro parte. La sua retorica, feroce contro Cina e Russia, potrebbe sembrare un ritorno a un mondo di politica estera fatto di muri e minacce, ma è anche esattamente ciò che Trump ha promesso al suo elettorato. Una politica estera spregiudicata, che non teme di fare tabula rasa tra i vertici del Pentagono se questi non dimostrano di avere i nervi saldi per prepararsi a un futuro di conflitti, reali o ideologici, che Hegseth e il suo mentore vedono all’orizzonte.
In un momento in cui la Cina continua a espandere la sua influenza nel Pacifico e la guerra in Ucraina è ben lontana da una risoluzione, la nomina di un segretario alla Difesa che considera gli accordi internazionali come “obsoleti” e gli alleati come “peso morto” non farà che esasperare le già delicate relazioni con i partner europei e asiatici. E mentre Washington si prepara a un cambio di guardia, la domanda non è più se Trump cercherà di ribaltare la politica estera di Biden, ma fino a che punto sarà disposto a spingere sull’acceleratore per riportare l’America al centro della scena internazionale con metodi che non ammettono compromessi. Se il prezzo sarà quello di ridurre ulteriormente il margine di dialogo con gli alleati e di trasformare il Pentagono in un’arena di epurazioni politiche, Hegseth è l’uomo giusto per il lavoro. Ma la vera incognita resta il costo che gli Stati Uniti e il mondo pagheranno per questa rinnovata assertività che sembra più una sfida al buonsenso che una strategia ponderata.