Usa. Trump: sono cambiati gli azionisti di riferimento

di Cesare Scotoni

Un mare di chiacchiere. Questo ci aspetta per almeno tre settimane, sulle TV e sui giornali, dopo la cerimonia di insediamento di D.J. Trump per un secondo mandato. Perlopiù ispirate alla narrazione del ritorno, della rivincita e del ripristino dei valori tradizionali. Il tutto condito di protezionismo e conservazione. Nulla di più lontano da ciò che stiamo vivendo.
Il Donald Trump del primo mandato fece la sua scommessa sulla lezione che era stata di Warren Harding e scoprì a sue spese che sulla nostalgia si possono magari prendere i voti, ma che per governare gli Stati Uniti d’America quella non bastava. L’anomalia statistica del voto postale e gli esiti della provocazione andata in scena il 6 gennaio 2020, fecero capire al mondo che chi difendeva antichi equilibri e con quelli il dollaro come moneta di riferimento negli scambi internazionali di “commodities” dopo il superamento nel 1971 della parità con l’oro, con le bombe ogni volta ciò fosse necessario era pronto a tutto anche in casa propria. E che gli Accordi di Abramo erano stati “disrupting” su tante rendite di posizioni al di qua ed al di là dell’Atlantico, esattamente come lo era stato l’ingresso della Cina nel WTO nel 2001. Ed il tradizionale sistema di controllo della disponibilità di materie prime ottenuto controllando la valuta di scambio o scatenando il conflitto lì dove se ne volesse regolare l’offerta, non trovava in una sua riconferma una credibile alternativa. Per cui il mondo assistette a qualcosa che per l’estrema sfacciataggine aveva forse solo intravisto in occasione degli accordi di Dayton del 1995 e l’invenzione del Kossovo.
Dopo il fallimento di Hilary Clinton, la “vecchia economia” puntò quindi sul “vecchio Biden” e sull’ipotesi di sostituirlo in corsa per riaffermare il vecchio ordine. Chiamandolo Nuovo Ordine Mondiale e tinteggiandolo di modernità facendo di un anziano assai limitato un paladino nel porre la Sessualità come sfida della Politica nell’epoca del Viagra. Sperando che il comprare il consenso degli altri partecipanti al G6 e rilanciare sulle “sfere di influenza”, unito al demolire l’export tedesco verso Cina e Federazione Russa e rompendo al contempo il legame tra gas russo e manifattura europea potesse riportare le ambizioni di quei vassalli sotto il severo controllo della NATO.
La sopravvivenza politica di Trump nasce dall’aver capitalizzato i propri errori, primo tra i quali il non avere una proposta in grado di interpretare la Modernità e per secondo un deficit di affidabilità.
Il nuovo D.J. Trump ha compreso che un vantaggio competitivo si conserva investendo per crearne altro, che la battaglia sul manifatturiero più tradizionale con Cina ed India non è vantaggiosa nel medio periodo e che il contenere la concorrenza è già un successo, che l’Unione Europea, tramontate a Kiev le ambizioni franco tedesche, non ha elaborato alcuna idea per essere una protagonista e che va trattata da comprimario, che la Russia resta quella che vinse per prima la corsa alla spazio, ma non ha ancora un dopo – Putin e che le tante scemenze “woke” gli hanno regalato un consenso che prima non aveva. Soprattutto il Trump del novembre 2024 ha scelto i suoi “azionisti di riferimento” nelle Multinazionali del Sapere. Quelle che creano Nuova Ricchezza. Ed ha deciso di farne quello strumento atto a creare nuovi vantaggi competitivi per gli Stati Uniti d’America. Far saltare le proposte di “Global Tax” è archiviare un modello obsoleto di concepire la tassazione e scommettere sulla modernità come terreno della sfida. A Bruxelles intanto si dorme.