di Giuseppe Gagliano –
Un ambizioso piano da 2,6 miliardi di dollari sta portando l’Uzbekistan sotto i riflettori internazionali come potenziale protagonista nel mercato globale delle terre rare. Annunciato il 7 marzo dal presidente Shavkat Mirziyoyev, il progetto triennale mira a sfruttare le ricche riserve minerarie del Paese, tra cui tungsteno, litio, titanio e vanadio, per trasformarlo in un hub industriale e tecnologico. Ma dietro questa visione c’è un partner cruciale: gli Stati Uniti, pronti a cogliere l’opportunità di diversificare le proprie fonti di minerali critici in un momento di crescente tensione con la Cina, leader indiscusso del settore.
L’Uzbekistan, situato nel cuore dell’Asia centrale, vanta giacimenti di minerali rari che finora sono rimasti in gran parte inesplorati, frenati dalla mancanza di capitali e tecnologie avanzate. Il piano di Mirziyoyev non si limita all’estrazione: punta a creare una filiera produttiva interna, trasformando le materie prime in prodotti finiti come componenti per automobili, elettronica e tecnologie verdi. “Vogliamo passare dall’export di minerali grezzi alla produzione di beni ad alto valore aggiunto”, ha dichiarato il presidente durante la presentazione a Tashkent, citando l’esempio del tungsteno del giacimento di Ingichka, il cui arricchimento potrebbe raddoppiarne il valore commerciale.
Per gli Stati Uniti questa iniziativa rappresenta una finestra strategica. Da anni Washington cerca di ridurre la dipendenza dalla Cina, che controlla circa il 70% della produzione mondiale di terre rare, essenziali per tutto, dai motori elettrici ai reattori nucleari, fino ai sistemi d’arma avanzati. La telefonata del 21 febbraio tra il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il suo omologo uzbeko ha messo in chiaro l’interesse statunitense: una collaborazione che porti capitali e know-how americani in cambio di un accesso privilegiato a queste risorse scarse. “Gli Stati Uniti vedono nell’Uzbekistan un alleato affidabile per garantire catene di approvvigionamento sicure”, ha sottolineato Rubio, aprendo la strada a un’intesa che potrebbe concretizzarsi sotto l’amministrazione Trump.
Il terreno per questa partnership è stato preparato negli ultimi anni. Già nel settembre 2023, durante il dialogo C5+1 tra gli USA e i Paesi centroasiatici, si era discusso di cooperazione sui minerali critici. Un memorandum d’intesa firmato nel settembre 2024 ha poi formalizzato l’impegno reciproco, seguito dalla visita a Tashkent del vice-segretario di Stato Donald Lu a novembre, che ha definito il settore minerario “un pilastro del partenariato strategico” tra i due Paesi. L’adesione dell’Uzbekistan al Partenariato per la Sicurezza dei Minerali, un’iniziativa guidata dagli USA per diversificare le fonti di approvvigionamento, ha ulteriormente consolidato questa alleanza.
Il piano uzbeko è articolato: investimenti in prospezioni geologiche per scoprire nuovi giacimenti, sviluppo di poli tecnologici a Tashkent e Samarcanda per formare specialisti e introdurre tecnologie all’avanguardia, e un focus sull’industria locale. Ma senza il supporto esterno, trasformare questa visione in realtà resta una sfida. Ed è qui che gli Stati Uniti entrano in gioco, portando non solo finanziamenti ma anche competenze tecniche per estrarre e raffinare minerali complessi come il vanadio, fondamentale per l’energia nucleare e le batterie di nuova generazione.
Le implicazioni geopolitiche sono evidenti. Una partnership di successo potrebbe non solo ridurre la dipendenza americana dalla Cina, ma anche rafforzare la presenza degli USA in Asia centrale, un’area tradizionalmente contesa tra Russia e Cina. Per l’Uzbekistan, significherebbe un salto economico, con un’industria mineraria che già nel 2023 ha raggiunto un valore di 11 miliardi di dollari, ma che ora punta a diversificarsi oltre i metalli preziosi e non ferrosi.
Restano tuttavia interrogativi. L’Uzbekistan riuscirà a bilanciare le ambizioni interne con le aspettative dei partner stranieri? E gli Stati Uniti, sotto una presidenza Trump notoriamente pragmatica, saranno disposti a investire a lungo termine in un Paese ancora in via di sviluppo industriale? Per ora, la strada sembra tracciata: un’alleanza che unisce necessità e opportunità, con le terre rare al centro di un gioco globale sempre più strategico. Il tempo dirà se questo matrimonio di interessi produrrà i frutti sperati.