Vaticano. “Orientamento” per il clero cinese dopo gli accordi dello scorso anno

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Lo scorso 22 settembre e dopo tre anni di trattative è finalmente stato firmato un accordo tra la Repubblica Popolare Cinese e lo Stato della Città del Vaticano circa la nomina dei vescovi e quindi la soluzione alla spaccatura dei 15 milioni di cristiani cinesi fra una Chiesa “patriottica”, con i prelati nominati dal partito, ed una “clandestina”, i cui vescovi sono nominati dal papa.
I prelati, in passato scomunicati proprio perché vescovi non consacrati dal pontefice, sono stati scelti dal Partito Comunista Cinese, ma tant’è che per giungere ad un accordo ciascuna delle due parti ha dovuto cedere qualcosa. Così la Santa Sede ha riconosciuto gli 8 vescovi nominati dal partito e da allora la nomina dei prelati avviene con l’approvazione di ambo le parti.
Ieri la Santa Sede ha diffuso un “orientamento”, in pratica una procedura, che definisce l’indipendenza della Chiesa in Cina, intesa come in modo non assoluto ma in un quadro di conciliazione con lo Stato: “la Santa Sede – recita il documento – intende e interpreta l’“indipendenza” della Chiesa cattolica in Cina non in senso assoluto, come separazione dal papa e dalla Chiesa universale, ma relativo alla sfera politica secondo quanto avviene in ogni parte del mondo nelle relazioni tra il papa e una Chiesa particolare o tra Chiese particolari”.
Altro punto fondamentale del documento è la questione della “firma”, cioè della registrazione civile obbligatoria del clero, come dagli accordi del 22 settembre 2018: vi sono prelati, come il vescovo Guo Xijin, della diocesi di Mindong (ausiliare di un vescovo “patriottico” in nome dell’unità della Chiesa), che rifiutano l’obbligo di tale atto, e nell’orientamento espresso ieri dal Vaticano viene detto che “La Santa Sede comprende e rispetta la scelta di chi, in coscienza, decide di non potersi registrare alle presenti condizioni”. Tali persone per la Chiesa non saranno lasciate sole, ed a Pechino viene chiesto “che non si pongano in atto pressioni intimidatorie nei confronti delle comunità cattoliche “non ufficiali”, come purtroppo già avvenuto”.