Venezuela. 60 morti per le proteste, incendiata la casa di Maduro

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Tra gli ultimi drammatici episodi legati alle proteste in Venezuela c’è un giovane a cui è stato dato fuoco, ma anche l’uccisione di un liceale di 18 anni, Yorman Bervecia, freddato dalla Guardia Nacional mentre protestava assieme ad altri compagni nello stato di Barinas.
Sono infatti giovani, giovanissime le vittime della repressione delle proteste, pochi giorni fa un 15enne, due giorni fa un 17enne. Quasi 60 morti, spesso uccisi dai “colectivos”, bande di estremisti che sostengono il regime e che attaccano i manifestanti dell’opposizione arrivando a sparare al volto.
Nelle ultime ore è stata incendiata la casa del presidente Nicolas Maduro, che dalle elezioni del 2015 non gode più della maggioranza del parlamento e che ha tentato di esautorare il parlamento accentrando su di sé i poteri attraverso una sentenza del Tribunale supremo, poi annullata a seguito delle proteste internazionali.
Maduro ora intende indire una commissione costituente per riformare la Costituzione, cosa che ha rappresentato la fine di ogni possibilità di dialogo da parte delle opposizioni, le quali ora respingono anche i tentativi di mediazione provenienti da fuori, come dall’Osa (Organizzazione Stati Americani) e dal Vaticano. Perchè la parola d’ordine è “Maduro fora!”, dimissioni subito!.
Nel suo programma televisivo settimanale Maduro ha accusato delle uccisioni i manifestanti, alcune anche in modo diretto riferendo della morte di suoi sostenitori, in un caso “Quasi lo hanno linciato, solo perché ha gridato che era chavista”.
Nel paese c’è ormai penuria di generi alimentari e di medicinali, il mercato nero ha prezzi inaccessibili e capita spesso che i negozi di generi alimentari e i mezzi che li riforniscano vengano presi d’assalto.
La corrente elettrica è razionata da mesi, mentre l’infrazione galoppa al 700%, ma secondo esperti del Fmi potrebbe arrivare entro la fine dell’anno al 1.600%.
Con Maduro c’è l’esercito e il suo peso politico, che lo scorso 17 aprile ha fatto avere al presidente il proprio sostegno “incondizionato”, mentre le opposizioni sono decapitate dei loro leader, fuggiti all’estero come Enrique Capriles o arrestati, come Leopoldo Lopez.