Volenterosi malintenzionati

di Anceo Agostini –

Sullo sfondo delle turbolenze provocate dalle altalenanti sanzioni tariffarie introdotte urbi et orbi dagli USA, passano in secondo piano i passi spediti che l’Europa compie verso un tragico allargamento del conflitto ucraino.
L’Unione Europea vuole dimostrare, costi quello che costi, la propria autonomia rispetto alle scelte dell’alleato d’oltreoceano accecata da una opinabile voglia di potenza.
Il gruppo dei Volenterosi che nel marzo scorso sotto l’egida di Francia e Gran Bretagna puntava a coinvolgere ben 37 Paesi dalle Alpi al Fujiyama e oltre, Australia, Giappone e Nuova Zelanda, per costituire un contingente militare da schierare in Ucraina come forza di “rassicurazione” si va assottigliando.
Il motivo principale delle defezioni extraeuropee è l’aperta ostilità dimostrata dall’alleato Number One nei confronti di questa iniziativa. È verosimile che nel corso degli incontri tra le delegazioni di Usa e Russia e durante la telefonata del 18 marzo tra i presidenti dei due Paesi, Putin sia riuscito a far intendere a Trump che la Russia non accetterà la presenza in Ucraina di militari natoccidentali in nessuna salsa.
È altresì verosimile che questa acquisita consapevolezza sia alle origini della decisione dell’amministrazione statunitense di trasferire il proprio personale militare e le attrezzature dalla base polacca di Rzeszow-Jasionka, in prossimità del confine ucraino, ad altre sedi in Polonia. Un analogo trasferimento precauzionale sarebbe previsto per i contingenti militari statunitensi di stanza in Romania. Ufficialmente gli spostamenti rientrerebbero in “una piu’ ampia strategia di ottimizzazione delle operazioni militari statunitensi”. Rzeszow-Jasionka è il nodo logistico principale per le forniture di armi occidentali all’esercito ucraino.
Negli ultimi giorni si sono succeduti avvenimenti dai quali si può intuire che intorno al conflitto ucraino si sta avviando un chiarimento di posizioni nello schieramento occidentale.
Alcuni di questi avvenimenti riguardano l’evolversi dei rapporti USA/Russia.
Il viaggio, inizio aprile, di Kirill Dmitriev, rappresentante speciale di Putin per la collaborazione economica, negli USA (the most senior Russian official to visit since the 2022 invasion of Ukraine) che, secondo il The Washington Post, avrebbe avuto lo scopo di rassicurare l’amministrazione Trump e di ribadire la possibilità non solo di una soluzione pacifica ma anche di importanti accordi finanziari.
La visita di Dmitriev è stata contraccambiata da Steve Witkoff a San Pietroburgo dove ha avuto un incontro con il Presidente russo. Né i temi dell’incontro, né i risultati sono trapelati. Al proposito la stampa occidentale ha sottolineato che l’amministrazione Trump di regola sopravvaluta il progresso delle iniziative di pace e che la visita avrebbe avuto lo scopo di manifestare al Presidente russo l’insoddisfazione di Trump per l’andamento delle trattative. Malcontento che potrebbe tradursi in un ulteriore inasprimento delle sanzioni contro la Russia. Stranamente quasi nessuna testata ha riportato la notizia della visita di Witkoff alla sinagoga di San Pietroburgo (accompagnato da Kirill Dmitriev) e del suo incontro con il rabbino capo di San Pietroburgo, M. M. Pevzner e il presidente della comunità ebraica, M. D. Grubarg alla vigilia dell’incontro con Putin. Tanto piu’ strano se si considera lo stato di tensione in Medio Oriente, gli stretti rapporti tra Russia e Iran, la numerosa comunità di russi ebrei in Russia e di ebrei russi in Israele, e che la questione Iran è uno dei temi scottanti nell’agenda dei colloqui Usa/Russia.
Durante il Forum Diplomatico di Antalya (partecipanti oltre 140 Paesi) il 12 aprile il ministro degli esteri russo Lavrov ha trasmesso all’omologo turco l’elenco delle infrazioni commesse dall’Ucraina alla tregua “energetica” di 30 giorni concordata separatamente a Riad tra i rappresentanti dei due Paesi belligeranti e gli USA. Nel corso del suo intervento Lavrov ha dichiarato come la comunità euro-atlantica stia concentrando tutti gli sforzi per preparare una nuova guerra. Secondo il ministro, Germania, Francia e Regno Unito sono alla guida di questo processo.
Nella recente intervista di Keith Kellogg al Times, il rappresentante della Casa Bianca ha prospettato l’ipotesi di una suddivisione dell’Ucraina analoga a quella applicata per Berlino dopo l’ultima guerra, ma questa non sarebbe di gradimento per Mosca.
Sul versante Usa/Euro ucraino va rilevata la riluttanza, se non il rifiuto di Zelensky a definire con Trump l’accordo sui minerali e le terre rare (che tende ad allargarsi ai settori energia, logistica e infrastrutture). Le riunioni in rapida successione della “Coalizione dei volenterosi” (orfana degli USA), nei diversi formati ecumenico e “Ramstein”, con o senza Zelensky, sembra siano riuscite a enucleare una Task Force di sei Paesi disposta a schierare le proprie truppe sul suolo ucraino. La volontà c’è, ma il progetto è ancora confuso perché’ si parla della disponibilità da parte di Gran Bretagna, Francia e Paesi Baltici, ma i Baltici per antonomasia sono 3, Lituania, Lettonia ed Estonia, mentre ancora non è chiara l’identità del sesto Paese della Task Force, considerato che (Russia esclusa) sul Baltico si affacciano complessivamente 8 Volenterosi. Peraltro non sono stati ancora definiti né il tempo dell’intervento (prima o dopo il cessate il fuoco), né il luogo (fronte o retrovie), né il tipo di operazione: peacekeeping, deterrenza o altro.
C’è stato un viaggio in Florida del presidente finlandese Stubb che all’ International Golf Club in Palm Beach County si è incontrato con il Presidente Trump. Tra una buca e l’altra, Stubb, indossate le vesti di profondo conoscitore di cose russe, avrebbe espresso il suo scetticismo sulle intenzioni del Presidente russo Putin di accettare e rispettare effettivamente un cessate il fuoco.
Infine due interviste. Quella incandescente di Zelensky alla CBS, in cui il presidente ucraino accusa la nuova amministrazione americana di essere succube della propaganda del Cremlino e, di fatto, azzera tutti gli sforzi Trump per i negoziati di pace.
E quella del cancelliere in pectore Merz alla ARD in cui ha annunciato la disponibilità, sempre negata dal suo predecessore, di fornire i missili da crociera Taurus all’Ucraina. Una scelta che rappresenterebbe un tragico Rubicone per la Germania del dopoguerra.
Nella confusione delle informazioni pare delinearsi una situazione di rapporti internazionali che solo pochi mesi fa era inimmaginabile.
Sono comunque imminenti alcune scadenze di natura eterogenea che potrebbero gettare un po’ di luce sugli intendimenti delle parti.
Il 16 aprile sono scaduti i 30 giorni di tregua dei bombardamenti delle infrastrutture energetiche. L’amministrazione Usa avrà la possibilità di verificare sulla base delle informazioni satellitari quanto è avvenuto sul campo e di trarre le conclusioni. La parte russa si aspetta dagli USA azioni concrete nei confronti dell’Ucraina. Tra queste potrebbero esserci la decisione di sospendere il supporto d’informazione satellitare e dei sistemi missilistici e di difesa antiaerea all’esercito ucraino, oppure rivelazioni clamorose su atti di corruzione legati alle forniture militari all’Ucraina durante l’amministrazione Biden o altro, Trump è sufficientemente imprevedibile.
Il 20 aprile in concomitanza con la festività di Pasqua che quest’anno coincide sia per la Chiesa cattolica che per quella ortodossa, è possibile che gli Usa esercitino pressioni sulle parti del conflitto affinché’ accettino una breve interruzione delle ostilità.
Il 30 aprile scadono i primi 100 giorni del mandato del Presidente americano. Ad oggi né sul fronte interno, né su quello internazionale Trump non può vantare risultati positivi. Considerata la palese incapacità dell’amministrazione americana a influire sulle scelte del governo ucraino e la volontà di Gran Bretagna e UE di proseguire la guerra, non è escluso che Trump annunci ufficialmente il disimpegno americano in Ucraina. In questo caso i volenterosi alleati europei insieme a Gran Bretagna e Francia, che hanno già dichiarato la propria disponibilità non solo a subentrare nei servizi di assistenza militare, ma anche vagheggiano un impegno militare diretto, dovranno uscire allo scoperto. In tal caso è verosimile che la Russia, considerate vane le prospettive dei negoziati sul cessate il fuoco nel Mar Nero, si riterrà libera di riprendere i bombardamenti alle infrastrutture energetiche ucraine. E a quelle logistiche, e forse non solo in Ucraina, magari in concomitanza dell’arrivo dei nuovi missili tedeschi a Rzeszow-Jasionka. Sarà l’occasione di verificare del funzionamento dell’art. 5 del Trattato Nato in assenza degli USA.
Ma è proprio questo che vogliamo?