Yemen. Attacco missilistico houthi: 70 militari morti, 50 feriti

di Giuseppe Gagliano

È di una settantina di militari uccisi e di una cinquantina feriti il bilancio di un attacco missilistico su un’infrastruttura militare situata a Ma’rib, nell’ovest dello Yemen, attacco operato dai ribelli yemeniti houthi contro le forze regolari lì dislocate. Lo ha reso noto il quotidianamente ano panarabo qatarino al-Jazeera secondo il quale l’attacco sarebbe stato attuato da missili lanciati da droni.
Sotto il profilo militare è difficile negare, visto l’entità dei danni, che si sia trattato di una delle offensive maggiori e più rilevanti degli ultimi anni. D’altronde lo scopo di questa specifica offensiva è finalizzata alla conquista della città portuale di Aden e, come abbiamo già avuto modo di indicare dettagliatamente in un precedete articolo, il ruolo dell’Iran e di Hezbollah nel sostenere gli houthi è fondamentale.
L’offensiva in corso è interpretabile strategicamente come la risposta alla morte del generale a capo della Brigata sei pasdaran iraniani al-Quds Qassem Soleimani, ucciso il 3 gennaio a Baghdad da un attacco drone su ordine diretto di Donald Trump. Nonostante l’amministrazione Usa pare stia cercando di fare collassare dall’interno il regime iraniano (cosa facilitata da covert actions della CIA, la risposta iraniana sul piano dell’azione terroristica sarà dispiegata su medio – lungo termine sugli scacchieri più agevolmente permeabili alla penetrazione della azione terroristica.

La guerra nello Yemen ha preso il via nel gennaio 2015 a seguito del golpe degli houthi (sciiti), dietro al quale vi sarebbe l’Iran, che però nega: per mesi i ribelli avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. L’intervento della coalizione a guida saudita e che vede coinvolti Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti, ha permesso la ripresa di una parte dei territori, in particolare del governatorato di Aden, roccaforte del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, mente la capitale e la zona dei principali impianti petroliferi resta saldamente in mano ai ribelli sciiti, che sostenevano l’ex presidente Ali Abdallah Saleh, ucciso da loro stessi dopo che aveva cercato un compromesso con i sauditi.