Yemen. L’intesa Houthi-al-Shabaab e la risposta Usa

di Giuseppe Gagliano

Nel nuovo scacchiere del terrorismo internazionale Washington individua una minaccia inedita e in rapida evoluzione: l’alleanza tra gli Houthi yemeniti e il gruppo somalo al-Shabaab. Una cooperazione che non nasce da una contiguità ideologica, ma da un realismo strategico: rotte comuni, nemici condivisi, e un obiettivo convergente: destabilizzare l’ordine regionale nel Golfo di Aden e nel Corno d’Africa.
Il generale Michael Langley, comandante di AFRICOM, ha lanciato l’allarme al Senato USA. Secondo l’intelligence, i due gruppi si rafforzano reciprocamente: gli Houthi forniscono armamenti e logistica; al-Shabaab risponde con reti finanziarie e traffici rodati. Il Mar Rosso diventa così non solo una faglia geopolitica, ma un canale di cooperazione militante, tra contrabbando, armi leggere, droni e finanziamenti opachi.
Washington non resta a guardare. L’amministrazione Trump, in piena escalation, ha ridotto i passaggi di comando tra Casa Bianca e teatro operativo, dando piena libertà d’azione ai comandi militari sul campo. Un cambio di paradigma rispetto alla gestione Biden, che si muoveva su autorizzazioni più centralizzate. Il nuovo modello punta alla reattività: attacchi mirati, intelligence in tempo reale, colpi chirurgici. È il ritorno a una guerra non dichiarata, ma incessante.
Le Nazioni Unite, per voce dell’ambasciatore John Kelley, parlano di cooperazione internazionale come unico antidoto credibile. La diplomazia però da sola non basta. Per questo Washington ha promosso sanzioni aggiuntive contro al-Shabaab: embargo sulle armi, blocco dei beni, restrizioni sui viaggi. E nel contempo ha intensificato i raid aerei sulla Somalia con l’obiettivo di smantellare le infrastrutture del gruppo jihadista.
Dietro le quinte, la regia iraniana. Il sostegno di Teheran agli Houthi, logistico, militare e tecnologico, si estende indirettamente anche ad al-Shabaab. L’Iran costruisce così, nel silenzio dei riflettori, una rete di resistenza asimmetrica dal Levante al Corno d’Africa. E non è un caso se il Royal United Services Institute sottolinea il rischio di escalation non solo locale ma interregionale: attacchi a navi, sabotaggi, lanci missilistici. La navigazione commerciale è il primo bersaglio. Ma il messaggio è globale.
La forza di questa nuova alleanza non è la coesione ideologica, ma la condivisione del vuoto: istituzioni deboli, confini porosi, economie informali. Al-Shabaab controlla ancora ampie porzioni della Somalia, alimentandosi di estorsioni, contrabbando e fondamentalismo. Gli Houthi, dall’altra sponda, continuano a sfidare Arabia Saudita, Emirati e Israele, mantenendo il controllo della capitale yemenita e colpendo rotte marittime vitali.
La risposta americana, per quanto rapida e muscolare, rischia di essere una pezza tattica a una crisi strategica. La vera partita si gioca sul terreno della stabilizzazione. Senza governi locali legittimi e funzionanti ogni vittoria militare sarà effimera. Ed è proprio in quel vuoto che l’asse Houthi-al-Shabaab trova spazio per respirare.