Zelensky taglia il gas all’Ue

Rischiano i paesi dell'Europa centro-orientale, Ucraina compresa. Trump, 'dovete comprare il nostro gas'.

di Enrico Oliari e Giuseppe Gagliano

Con oggi l’Europa si trova ad affrontare una situazione di alto rischio, sia sul piano energetico che geopolitico. Il prezzo del gas naturale ha raddoppiato superando la soglia dei 50 euro per megawattora, segnando un aumento che non si registrava da ottobre 2023, e di certo non bastano le rassicurazioni dei vari governi europei e di Bruxelles sulla “situazione sotto controllo” a tranquillizzare cittadini e aziende del Vecchio continente. Questo balzo è dovuto soprattutto all’interruzione del transito di gas russo attraverso l’Ucraina, come da decisione del presidente Volodymyr Zelensky, che non ha rinnovato il contratto con Gazprom, e della Commissione europea. Lo stop ucraino al flusso di gas costerà al colosso russo Gazprom 5 miliardi di euro, che si aggiungono ai 7 miliardi persi nel 2023 per via del conflitto, mentre l’Ucraina perderà 800 milioni di euro in mancate royalty, più l’esposizione a rischi per la difficoltà all’approvvigionamento. La cosa va tuttavia di pari passo con l’intimazione del presidente eletto Usa Donald Trump ai paesi europei di aumentare le importazioni di gas statunitense per non incorrere in dazi e sanzioni: il gas Usa è di scisto (estratto con micro terremoti, tecnica bandita dall’Ue), viene portato con inquinanti navi gasiere e soprattutto costa da tre a quattro volte tanto quello russo.
Per decenni l’Unione Europea ha dipeso dal conveniente gas russo per alimentare industrie, centrali elettriche e per riscaldare le abitazioni. Sebbene negli ultimi anni i volumi trasportati attraverso l’Ucraina erano diminuiti a favore di altre rotte, come il Nord Stream (messo fuori uso con un atto di sabotaggio dai servizi segreti ucraini) o il TurkStream, il corridoio ucraino rimaneva cruciale, in particolare per i Paesi dell’Europa centrale e orientale. L’interruzione di questo flusso rappresenta un duro colpo per nazioni come Slovacchia, Repubblica Ceca e Moldavia, che rischiano ora di trovarsi in difficoltà nei mesi più rigidi dell’anno.
Il premier slovacco Robert Fico è impegnato in una lotta contro il tempo per contrastare l’emergenza, anche se al momento può contare sui depositi di stoccaggio. Fico ha già fatto sapere che potrebbe rispondere all’iniziativa di Zelensky interrompendo la fornitura di energia elettrica all’Ucraina, poiché il comportamento del presidente ucraino “costerà decine di miliardi di euro ai cittadini e alle imprese europee”.
La Repubblica Ceca ha stretto accordi con la Germania, l’Austria con la norvegese Equinor, la britannica Bp e la statunitense Cheniere, mentre l’Ungheria continuerà a essere servita dal gas russo attraverso il gasdotto TurkStream, che da Russkaya attraversa il Mar Nero fino a Kivikov, nella Turchia europea.
In un momento in cui le rinnovabili rappresentano ancora una sfida per via della necessità di massicci investimenti, il gas resta una risorsa primaria, da qui le ricadute geopolitiche con difficoltà specialmente per i paesi dell’Europa centro-orientale. Va da sé tuttavia che calando l’offerta aumentano i prezzi in tutto il continente e con essi l’esposizione all’inflazione.
L’Italia si è da tempo preparata ad uno scenario senza il gas di Gazprom, per quanto le importazioni dalla Russia l’anno scorso siano addirittura aumentate. Nel 2024 l’energia prodotta dalle rinnovabili ha rappresentato oltre il 44% del fabbisogno, in particolare grazie all’idroelettrico, mentre il gas oggi arriva tramite il Tap (Bte, Tanap) dall’Azerbaijan, dall’Algeria (Transmed), dalla Libia (GreenStream), da Norvegia e Paesi Bassi (TransitGas), e con le navi gasiere ai quattro rigassificatori presenti sul territorio, in particolare dal Qatar.