Cuba. Economia: anche il 2023 sarà un annus horribilis?

di Francesco Giappichini

Per Cuba, il 2022 è stato un annus horribilis. E non solo sotto il profilo economico, con un’inflazione che in ottobre ha fatto registrare un tasso annuo di poco inferiore al 40%, e l’inevitabile rafforzamento di un mercato valutario parallelo. Le criticità hanno riguardato anche il fronte istituzionale, con un’astensione alle elezioni comunali molto elevata che, se limitiamo l’analisi ai giovani della Capitale, ha raggiunto cifre monstre. E non parliamo dell’assetto demografico, con un saldo migratorio in uscita pari a 225 mila unità (dati di ottobre). Senza dimenticare che un’elevata percentuale di chi abbandona l’Isola sceglie rotte rischiose e illegali. E non ci riferiamo solo ai balsero che attraversano gli Stretti della Florida; è, infatti, in continua crescita il numero dei cubani che si avventura lungo la famigerata rotta centroamericana, dal Nicaragua sino alla frontiera Messico – Stati uniti.
Uno scenario reso più plumbeo dai black out, cui solo di recente si è posto rimedio con le costose centrali elettriche galleggianti, di produzione turca. E non è finita qui, perché il 2022 ha riservato anche il tragico incendio del deposito petrolifero di Matanzas, l’esplosione che ha distrutto l’Hotel Saratoga dell’Avana, e il passaggio devastante dell’uragano Ian che ha scatenato varie proteste antigovernative. Mentre dal punto di vista politico, il 2022 è stato all’insegna di un repliegue (reflusso) da parte della dissidenza, e della società civile organizzata. Le autorità hanno così avuto tempo e modo di depotenziare – per mezzo della carcerazione, o di pressanti inviti all’esilio – i vari movimenti che avevano infiammato il biennio precedente, come il Movimiento San Isidro e Archipelago.
Andiamo però con ordine, chiedendoci se, sotto il profilo economico, l’Isla grande riuscirà a interrompere la spirale negativa. Come riportato dai media del mondo intero, il ministro dell’Economía y planificación, Alejandro Gil, ha annunciato, per il 2023, un aumento del prodotto interno lordo (PIL) pari al 3%: una crescita che, pur sommandosi al 2% di quest’anno e all’1,3 del 2021, sarebbe insufficiente per recuperare i livelli pre-pandemia, (nel 2020 il tonfo fu pari a -10,9). Secondo Gil, questa tenue ripresa sarà legata a più fattori: dalla crescita dell’export (sino a nove miliardi e 755 milioni di dollari), alla regressione del Covid, e agli accordi stretti dal presidente Miguel Díaz-Canel, durante il tour tra le autocrazie. Passando per un supposto aumento degli investimenti stranieri, in una realtà ove però esiste tradizionalmente una grande distanza, tra interesse manifestato e investimento realizzato. Soprattutto però si punta sul turismo, che dal milione e 700mila visitatori del 2022, dovrà raggiungere l’ambiziosa quota di tre milioni e mezzo. Si tratta, con ogni evidenza, di valutazioni ottimistiche, tanto che la Commissione economica per l’America latina e i Caraibi si limita a un più verosimile 1,8 per cento.
Un pessimismo che è stato espresso anche dal mondo accademico locale, col professor Armando Nova González (Centro de investigaciones de la economía internacional – Universidad de La Habana) che ha affermato: «No creo que el 2023 sea, ni mucho menos, el comienzo de la recuperación». A motivare lo scetticismo degli analisti è altresì la stretta fiscale per le Micros, pequeñas y medianas empresas (Mipymes): si elimina ogni beneficio per le piccole e medie imprese di nuova costituzione, e non si prorogano le esenzioni per le esistenti.