20 novembre, Giornata Mondiale dei Diritti (negati) del Fanciullo

di C. Alessandro Mauceri * –

Il 20 novembre 1989, dopo un duro lavoro durato quasi dieci anni (partendo dalla proprosta iniziale della Polonia), i paesi delle Nazioni Unite firmarono la Convenzione dei Diritti del Fanciullo, CRC.
Un documento speciale per diversi motivi: ad oggi è la convenzione delle Nazioni Unite sottoscritta da più paesi (195 paesi mancano solo gli Statii Uniti D’America che l’hanno firmata in principio, ma mai trasformata in legge); e poi perchè a differenza dei due documenti che l’avevano preceduta e di quelli che l’hanno seguita, è tramendamente semplice e chiara.
L’Italia trasformò la CRC in legge nel 1991.
Dal 1989, ogni anno, il 20 Novembre, si celebra la Giornata Mondiale dei Diritti del Fanciullo.
Il 2019, però, sarà un anno speciale per i diritti dei bambini: a trent’anni dalla prima stipula della Convenzione, sembra giunto il momento di fare un bilancio e dire se e quanto questi diritti sono rispettati.
Per farlo, possono essere utili due notizie cui i media non hanno dedicato l’attenzione che meritano.
Il primo è avvenuto presso il Parlamento UE, dove pochi giorni fa, il ministro greco per le migrazioni Mikalis Chrisochoidis ha lanciato un accorato appello e ha implorato i paesi dell’Unione Europea di aiutare la Grecia a prendersi cura di 4000 bambini che vivono in condizioni disumane nei centri di accoglienza nelle isole di Lesbo, Samo, Kos e in altre isole dell’Egeo settentrionale. Il suo non è stato un appello rivolto alla ridistribuzione dei migranti ma solo per i bambini migranti.
L’altro è il rapporto del professor Manfred Nowak, che su richiesta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) ha realizzato uno studio sulla situazione dei bambini privati della libertà. Nowak ha svolto un lavoro certosino durato anni a causa delle enormi difficoltà incontrate (come lui stesso ha dichiarato, spesso è stato difficile anche solo ottenere i dati dalle autorità cui erano stati richiesti). I numeri sono sconvolgenti. Centinaia di migliaia di bambini detenuti, costretti a vivere in condizioni disumane in strutture per adulti (in evidente violazione dei loro diritti umani), “ad alto rischio di violenza, stupro e violenza sessuale, inclusi atti di tortura e trattamenti o pene crudeli, disumani o degradanti”, “detenuti in età sempre più giovane e trattenuti per periodi di tempo più lunghi” con conseguenze spaventose sia sul “loro sviluppo fisico e mentale che sulla loro capacità di condurre una vita sana e costruttiva nella società”. La loro colpa? Una sola: essere migranti.
Che fine ha fatto la Convenzione dei Diritti del Fanciullo? L’Art. 4 dice che “Gli Stati parti si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi e altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione. Trattandosi di diritti economici, sociali e culturali essi adottano tali provvedimenti entro i limiti delle risorse di cui dispongono, e, se del caso, nell’ambito della cooperazione internazionale”.
E l’Art. 22 dice: “Gli Stati parti adottano misure adeguate affinché un fanciullo il quale cerca di ottenere lo statuto di rifugiato, oppure è considerato come rifugiato ai sensi delle regole e delle procedure del diritto internazionale o nazionale applicabile, solo o accompagnato dal padre o dalla madre o da ogni altra persona, possa beneficiare della protezione e della assistenza umanitaria necessarie per consentirgli di usufruire dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione e dagli altri strumenti internazionali relativi ai diritti dell’uomo o di natura umanitaria di cui detti Stati sono parti. A tal fine, gli Stati parti collaborano, nelle forme giudicate necessarie, a tutti gli sforzi compiuti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e dalle altre organizzazioni intergovernative o non governative competenti che collaborano con l’Organizzazione delle Nazioni Unite, per proteggere e aiutare i fanciulli che si trovano in tale situazione e per ricercare i genitori o altri familiari di ogni fanciullo rifugiato al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia. Se il padre, la madre o ogni altro familiare sono irreperibili, al fanciullo sarà concessa, secondo i principi enunciati nella presente Convenzione, la stessa protezione di quella di ogni altro fanciullo definitivamente oppure temporaneamente privato del suo ambiente familiare per qualunque motivo”. L’Art. 37, poi, va oltre: “Gli Stati parti vigilano affinché: a) nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Né la pena capitale né l’imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di età inferiore a diciotto anni; b) nessun fanciullo sia privato di libertà in maniera illegale o arbitraria. L’arresto, la detenzione o l’imprigionamento di un fanciullo devono essere effettuati in conformità con la legge, costituire un provvedimento di ultima risorsa e avere la durata più breve possibile …”.
Ma a vedere cosa succede nel mondo sembra che tutto questo, per i bambini migranti, non debba valere. E non nei paesi del terzo mondo ma in molti paesi “sviluppati” e “civili”. Nel presentare i risultati dello studio, poche ore fa, Nowak non ha potuto fare a meno di sottolinearlo: sono centinaia di migliaia i bambini in carcere solo perchè migranti. E molti di loro in paesi dove non ci si aspetterebbe di trovarli: solo negli USA sarebbero oltre 100mila i bambini la cui libertà è stata violata per il solo motivo per aver cercato un paese migliore dove vivere.
C’è da starne certi: domani, 20 Novembre, tutti i governi centrali di questi paesi, le amministrazioni locali e centinaia e centinaia di associazioni faranno a gara per celebrare la Giornata Mondiale dei Diritti (negati) del Fanciullo…

* Chiarman Minori Stranieri Non Accompagnati – KIWANIS Int. Distr. Italia S.Marino .